Bergamo, 10 gennaio 2014 - «Senza la sperimentazione sugli animali si ferma la medicina». Giuseppe Remuzzi è uno dei più illustri nefrologi al mondo e coordina dal 1984 le attività di ricerca dell’Istituto Mario Negri, del quale dirige il dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti. Il caso di Caterina Simonsen, 25enne padovana in vita grazie alla sperimentazione sugli animali, ha scatenato una nuova ondata di indignazione animalista. «All’Istituto Mario Negri — spiega il professor Remuzzi — utilizziamo esclusivamente topi e ratti per le nostre ricerche. A Bergamo abbiamo iniziato nel 1984 con 15mila topi circa e ne abbiamo ridotto il numero drasticamente: oggi sperimentiamo su circa 1000-1200 fra topi e ratti».

Quali sono le attività per le quali è necessaria la sperimentazione sugli animali?
«Ci occupiamo principalmente di trapianti, malattie rare e progressione delle nefropatie: tutte queste linee di ricerca hanno bisogno di sperimentazione animale. Da una decina di ratti siamo stati in grado di apprendere più di quanto mai si sia appreso da studi sull’uomo: ora possiamo, e siamo stati i primi al mondo a farlo, prevenire la progressione delle nefropatie e, infatti, nei giovani si può prevenire la necessità di dialisi per il 60% delle malattie renali. Per molte malattie rare si è trovata la cura, come nel caso della sindrome emolitico-uremica atipica: ne morivano 8 bambini su 10 entro sei anni della diagnosi, oggi grazie anche a un farmaco che inibisce la funzione del complemento studiato nei roditori nessun bambino muore più».

Gli animalisti chiedono metodi alternativi, che non implichino sofferenze per gli animali.
«Non esistono metodi alternativi, ce ne sono solo che precedono la sperimentazione animale: simulazione al computer o cellule in coltura. Ma se parliamo di trapianti, per esempio, simulazioni e cellule servono fino ad un certo punto. E un animale che soffre non può essere utilizzato. I filmati che circolano sul web e che ritraggono cani squartati sono dei falsi: le polemiche sulla ricerca sono strumentali e prive di solide basi».

Ci sono anche critiche circa l’eticità della sperimentazione.
«Ammettiamo che si dica che c’è un problema etico, ma io non credo che la gente pensi davvero che un bambino sia equiparabile a un topo. Se un topo è uguale a un bambino, il discorso vale per tutti i tipi di animali e dovremmo anche smettere di contrastare il proliferare della zanzara (e la malaria trasmessa dalle zanzare è la prima causa di morte dei bambini africani). Non sento gli animalisti difendere con ugual violenza i milioni di animali che mangiamo: i veri animalisti, che mettono in guardia ad esempio dai rischi derivanti dal mangiare troppe carni rosse, sono i ricercatori».