Cantù, 17 luglio 2011 - Per spiegare l’imprevedibilità della meteorologia si dice che un battito d’ali in Brasile possa provocare una tempesta in Cina, in questo caso il fulmine a ciel sereno è partito dall’Impero Celeste ma ha colpito dritto nella città del mobile, accostando alcuni dei marchi più blasonati del «made in Brianza» in una storia di falsi e imitazioni. Protagonista del passo falso la Da Vinci Furniture Ltd, passepartout cinese per una serie di aziende del lusso italiano che vanno da Poltrona Frau ad Armani Casa, passando per i canturini Cappelletti e Jumbo.

 

Un mercato del lusso che vale qualcosa come 50 milioni di euro l’anno la metà dei quali si fermano in città e nelle immediate vicinanze. In attività fin dal 1994 la Da Vinci non aveva mai avuto alcun problema fino alla scorsa settimana quando un’inchiesta della tv di stato CCTV, trasmessa in prima serata, l’ha accusata con un servizio di 23 minuti (girato in parte anche nel nostro paese) di vendere ai ricchi cinesi finti mobili Made in Italy in realtà prodotti in Cina.


Secondo la ricostruzione di CCTV la Da Vinci non si sarebbe limitata a vendere mobili di lusso dei marchi italiani, regolarmente importati, ma accanto a questa attività lecita avrebbe illecitamente fatto produrre mobili d’imitazione a Changfeng, nello Guangdong nel sud della Cina, spedendoli poi in Italia dove dopo un rapido giro in dogana sarebbero stati rispediti a Shanghai e rivenduti come mobili del Belpaese a dieci volte il valore reale. Così compratori cinesi che avevano pensato di assicurarsi, sborsando trentamila euro, un prezioso letto italiano tamburato, dopo pochi mesi si sarebbero accorti di aver custodito in casa una banale imitazione realizzata per di più con materiali scadenti.

 

Questo secondo l’accusa perché la Da Vinci, travolta dallo scandalo alla vigilia della quotazione in borsa, si è difesa negando qualsiasi tipo di falsificazione. L’azienda avrebbe infatti solo collaborato con la Changfeng acquistando prodotti non destinati a Da Vinci ma ad un brand diverso: in pratica nessuno avrebbe imitato i mobili italiani e soprattutto a nessun cinese sarebbero stati venduti mobili Made in China spacciandoli per italiani. A dar manforte al retailer cinese anche un gruppo di imprenditori italiani che mercoledì scorso sono volati a Pechino. Tra di loro anche Antonio Munafò di Jumbo che ha l’esclusiva Da Vinci.

 

«Purtroppo il Made in Italy è stato messo sotto attacco in maniera assolutamente pretestuosa – spiega – lavoro da anni con Da Vinci e posso garantire la loro serietà. Lungo lo Chang’anjie nel cuore di Pechino hanno quella che è riconosciuta come l’esposizione più bella di mobili di tutta la Cina e lì dentro l’oggetto dei desiderio sono i mobili italiani. Solo per quest’anno il preconsuntivo è già di trenta milioni di euro, perdere la Cina sarebbe un colpo terribile per tutto il nostro settore. Speriamo che questa brutta storia si possa sgonfiarsi quanto prima».