ANDREA GIANNI
Cronaca

Il sogno di Enrico Mattei: dalle prime trivellazioni alla Metanopoli del futuro

Il boom economico, la fame di energia del Dopoguerra e il petrolio in Lombardia: l’avventura dell’Eni segnò la storia d’Italia

Il primo pozzo petrolifero a Cortemaggiore e la città di Metanopoli

Una fotografia custodita negli archivi Eni mostra Enrico Mattei mentre indica una mappa del campo di Caviaga, esponendo metodi e risultati delle trivellazioni. In un altro scatto compare con l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in visita agli impianti del giacimento quando correva l’anno 1947. Partì dalla frazione di Cavenago d’Adda, nel Lodigiano, un’avventura che ha attraversato la recente storia d’Italia, con l’ultima simbolica tappa nella realizzazione dell’avveniristico sesto palazzo Eni a Metanopoli, la “città ideale” alle porte di Milano voluta da Mattei.

Ma riavvolgiamo il nastro, tornando a Caviaga nel maggio 1944, quando l’Italia era travolta dalla guerra. L’Agip, dopo aver perforato il pozzo trovando una serie di intercalazioni di sabbie mineralizzate a gas, individuò un grande giacimento. «Era il primo dalle riserve consistenti a essere scoperto in tutta l’Europa Occidentale», ripercorre una ricerca di Francesco Guidi e Franco Di Cesare pubblicata dall’associazione di ex dipendenti “Pionieri e veterani Eni”.

Enrico Mattei con alti dirigenti della Raffineria di Gela, nel 1962

Le riserve, come poi avrebbero confermato le successive perforazioni, erano di 12 miliardi di metri cubi: con Caviaga è nata l’industria del gas naturale in Italia, che «ha preceduto di almeno trent’anni quella degli altri paesi dell’Europa Occidentale». Enrico Mattei, che assunse la guida dell’Agip il 30 aprile 1945, con l’incarico di liquidare un “carrozzone di Stato” ereditato dall’epoca fascista, comprese subito l’importanza di quella scoperta, dando inizio alle trivellazioni nella Pianura Padana mentre, sull’onda del boom economico, cresceva la fame di energia in Italia. E l’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), fondato nel 1953, portò l’Italia nel gotha dei grandi produttori mondiali di idrocarburi.

La nascita di una potenza, simboleggiata in quegli anni dalla costruzione di Metanopoli, la “città ideale” per i dipendenti Eni a San Donato Milanese, come Ivrea per la Olivetti. La chiesa dedicata a Santa Barbara, protettrice dei Vigili del fuoco, residenze, scuole, centri sportivi e uno dei primi supermercati in Italia. Strutture sorte attorno a uffici, laboratori scientifici e officine del quartiere industriale, mentre per i figli dei dipendenti nascevano colonie estive di “mamma Eni” come quella di Borca di Cadore, sulle Dolomiti venete.

Metanopoli a San Donato Milanese

Correva l’anno 1987 quando fu annunciata la costruzione del quinto palazzo di Metanopoli destinato al “braccio chimico” Enichem, con un investimento di 150 miliardi di lire. L’allora presidente Eni, Franco Reviglio, parlò di una «presenza sempre più significativa a Milano e in Lombardia». Un quartiere, ora abitato da circa seimila persone, attraversato da mutamenti e trasformazioni in continuità storica con la visione di Enrico Mattei.

Il cantiere del sesto palazzo della Metanopoli Eni a San Donato

E il sogno prosegue, con il conto alla rovescia per la consegna del sesto palazzo Eni a Metanopoli su una superficie di 65mila metri quadrati, con 4.600 postazioni, firmato dal team italo-americano Nemesi e Morphosis. Tre grandi torri orizzontali, due avveniristici passaggi ponte, un canyon centrale e un maxi-parco fotovoltaico. Una «grande architettura-paesaggio», spiega il Ceo di Nemesi Michele Molè, che «esprime la metamorfosi della materia in energia». Un nuovo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere, iniziata quando le trivelle perforarono le campagne del Lodigiano trovando un tesoro nascosto sottoterra.