GABRIELE MORONI
Cronaca

Verbania, dopo 70 anni trova la sorella segreta: era in Grecia, figlia della guerra

Il viaggio di un poliziotto, poi l’emozione dell’incontro

Isola di Kos, in Grecia

Verbania, 25 aprile 2017 -  Ritrovare  la sorella, nata dalla relazione del padre, soldato in Grecia nell’ultima guerra, con una ragazza dell’isola di Kos. Oltre settant’anni dopo. È la straordinaria avventura umana vissuta da Fortunato Marcovicchio, 64 anni, di Verbania, ispettore capo della polizia di Stato in pensione. Di recente ha pubblicato un romanzo, “Ispettore Colantuono, il caso non è tuo!”, scritto con il giornalista Massimo Parma. «Mio padre Vincenzo, molisano di Tavenna in provincia di Campobasso - racconta - era sergente artigliere del 10° Reggimento fanteria ‘Regina’ di stanza nell’isola greca di Kos. Dopo l’armistizio ha combattuto contro i tedeschi, è stato ferito, è rimasto nascosto per quattro giorni in una caverna. Quando è uscito, per fame, i tedeschi lo hanno catturato e internato a Spandau, fino a quando non sono arrivati i russi. Appena libero di muoversi, non è tornato in Italia, dov’erano mia madre e il maggiore dei miei fratelli, ma ha raggiunto la Grecia. Lì è stato bloccato dagli inglesi. Un giorno, avrò avuto quattro o cinque anni, frugavo nell’armadio in camera dei miei genitori. Ho trovato una fotografia, un uomo, una donna, un bambino, una ragazzina. Ho chiesto chi fossero a mia madre - prosegue - che mi ha subito zittito».

«Era il 2002, due anni prima che mio padre morisse. Mio figlio più grande è appassionato di storia e gli ho detto: “Vieni, andiamo dal nonno e ci facciamo raccontare”. Ho preso una telecamera e ho intervistato mio padre. Ci ha parlato della guerra, di Kos. Ha parlato di una famiglia di contadini in una località che si chiama Antimachia. Ha fatto due nomi di donna, Katerignio, diminutivo di Katerina, e Christina». Il filmato finisce in un cassetto dell’ufficio. Il poliziotto lo dimentica fino al giorno del pensionamento. Quei nomi, lo strano tentativo di tornare in Grecia. Si convince che qualcosa di intimo e segreto leghi il padre a Kos. Cerca, senza riuscirci, una organizzazione, italiana o greca, che lo aiuti. Trova su internet l’indicazione del libro “Kos, una tragedia dimenticata”, scritto dal colonnello Pietro Giovanni Liuzzi, che ricostruisce il massacro di 103 ufficiali compiuto dalla Wehrmacht. Marcovicchio scrive a Liuzzi, che a sua volta si rivolge a un colonnello dell’esercito greco. Questi, qualche tempo dopo, invia una lettera al collega.

L’italiano è un po’ incerto, ma il senso è chiarissimo: «Piero, abbiamo trovato la donna e bambino in Antimachia. La famiglia era allevatori. Propria azienda è stato vicino all’aeroporto, dove avevano nascosto il giovane soldato di artiglieria italiana, per qualche tempo, in una piccola gola. Durante questo periodo conobbe la giovane Katerignio, si innamorano e una ragazza è nato». Katerignio, la madre, è scomparsa da alcuni mesi. Kalliopi, la figlia, è viva. Il colonnello greco scrive una seconda lettera a Liuzzi dopo essere stato da Kalliopi: «Mi ha descritto la sua storia, come da sua madre. Mi mostra due foto di suo padre, il soldato italiano con il nome di Andrea. È nata nel dicembre del 1943. Si chiede di incontrare la famiglia di suo padre, un sogno di tutta la vita». Tutto torna tranne il nome: Andrea e non Vincenzo. Fortunato Marcovicchio ha una spiegazione. «Negli anni ‘50, papà ha scritto a Katerignio - racconta - e si è firmato Vincenzo. Lei gli ha mandato la foto, quella che da bambino ho trovato nell’armadio dei miei genitori: lei, il marito, il maschietto nato dal loro matrimonio, e Kalliopi, la figlia avuta mio padre. Forse, come soldato di un esercito di occupazione, papà non voleva dare il suo vero nome». Dalla Grecia vengono spedite le due fotografie del soldato.

Fortunato e i suo fratelli sono perplessi. Qualche tempo dopo Fortunato sta schizzando il ritratto dei nipotini. Riconosce i tratti somatici del padre. Riprende in mano una delle foto, la confronta con un’altra del padre, già in età avanzata: il mento quadrato, il naso, la forma delle orecchie. Il giovane in divisa è papà Vincenzo. Di più. Il militare ha la mano sinistra appoggiata al fianco: un’abitudine di Vincenzo. Fortunato è sicuro di avere ritrovato la sorella. Non rimangono che due cose: un viaggio in Grecia e il test del Dna. Fortunato Marcovicchio è a Kos. L’incontro con Kalliopi Kekakou si divide fra emozione e contentezza. Marcovicchio chiede di incontrare Christina, una cugina di Katerignio, che ha conosciuto Vincenzo. Si trova di fronte una signora anziana ma ancora bellissima. Le mostra alcune foto del padre, da anziano. Christina non smette di ripetere: «Né, né; sì, sì. È lui». Kalliopi rilascia un campione di saliva. Fortunato fa lo stesso. L’esito del Dna è che sono fratelli con una probabilità del 66,9831 per cento.