Merate, 5 marzo 2011 - I professori della Bicocca di Milano si sono rivolti al Corpo forestale dello Stato per denunciare lo stato in cui è stata ridotta la Riserva regionale del lago di Sartirana a causa dei lavori di sfalcio del canneto, commissionati dall’Amministrazione comunale. A chiedere l’intervento della forza pubblica sono state Letizia Garibaldi e Barbara Leoni, docenti del Dipartimento di scienze del territorio del prestigioso ateneo, le quali ieri hanno contattato Samuele Mascheroni, sovrintendete della stazione di Lecco, per consegnarli tutta la documentazione che proverebbe il disastro ambientale. E questo è solo il primo atto, perché le due ricercatrici, supportate dal meratese Elio Sindoni anche lui cattedratico del settore, si appelleranno all’Unione europea, visto che lo specchio d’acqua meratese è un Sic, cioè un Sito d’interesse comunitario.

Per il sindaco Andrea Robbiani, che è il presidente del Consiglio di gestione dell’oasi naturale, e il suo assessore all’Ambiente Massimiliano Vivenzio si tratta di una bella gatta da pelare, perché erano stati avvisati che le opere di sagomatura e apertura di nuovi canali tra le canne del bacino idrico avrebbero provocato solo danni all’ecosistema. Ci aveva pensato il consigliere comunale di maggioranza Massimo Adobati, poi quelli di minoranza, quindi l’ex direttore della Riserva Paolo Vitali e quello attuale Mario Pinoli. I ripetuti e pressanti appelli a sospendere tutto sono sempre caduti nel vuoto. Le ruspe sono entrate in azione come mostri che hanno fatto scempio della flora e alterato il delicato equilibrio della fauna.
 

«Il taglio del canneto non deve mai coinvolgere le radici - spiega la professoressa Garibaldi - perché si provoca il sollevamento dal fondo del sedimento, fatto assolutamente dannosa». Ne risente lo zooplancton e di conseguenza i pesci che se ne nutrono, ma anche le uova e la vegetazione. Aumenta, inoltre, il fosforo, quindi l’eutrofizzazione. Secondo l’esperta, inoltre, si deve evitare il deflusso dell’acqua e il materiale rimosso deve essere depositato lontano dalle sponde per evitare che filtri nuovamente nel lago. Eppure è stato fatto esattamente l’opposto, e senza le autorizzazioni necessarie da parte degli enti superiori.