Stefano Cassinelli
Cronaca

Viaggio nella struttura di accoglienza: "Nessun pericolo per Esino qui spazi per 100 profughi"

Il numero uno di Antropos difende la sua scelta

Antonio Imbriano

Esino Lario (Lecco), 11 luglio 2015 -  «Qui ci possono stare fino a 100 profughi. Ci sono spazi, attrezzature e servizi sufficienti». Fermo e deciso, indifferente alle critiche della popolazione, il dottor Antonio Imbriano, amministratore di Antropos, ci accompagna a visitare l’ex colonia, da lui trasformata in comunità psichiatrica diversi anni fa con una determinazione: «Questa è una delle strutture più adeguate per accogliere le persone. Abbiamo un edificio in ottime condizioni, abbondanza di bagni e camere, cucine attrezzate, palestra, spazi per l’aggregazione e giardino. Non c’è motivo per cui non mandare qui i profughi, sarebbero in una struttura migliore della maggior parte di quelle in cui sono ospitati. Inoltre qui avrebbero anche un adeguato sostegno psicologico.

Se arrivano persone che hanno visto la guerra, l’orrore dell’Isis e altre cose terribili qui troverebbero personale medico qualificato in grado di aiutarli nell’elaborare i traumi subiti». Indubbiamente la struttura è in condizioni ottime: bagni completamente ristrutturati, impianti nuovi e spazi ampi. Resta la grande preoccupazione della popolazione che protesta con vigore contro l’eventuale arrivo di altri profughi oltre ai 40 già ospitati presso «La montanina». Imbriano, mette in campo la sua professione di psichiatra e consulente del Tribunale di Monza, e afferma: «Non ci sono pericoli di sorta. Non sono stati registrati fatti di cronaca che hanno coinvolto i profughi, al massimo litigano tra loro per la convivenza forzata in alcune strutture, qui avrebbero anche un appoggio psicologico che potrebbe evitare anche questo. Ma la popolazione non è stata mai interessata. Non ci sono motivi oggettivi per avere timore della presenza di queste persone. Alla Montanina sono qui da tempo una quarantina di profughi e nessun esinese ha avuto problemi». Per Imbriano i timori sono infondati. «Quando sono arrivato qui - aggiunge - ho ritirato questa struttura per un milione e 250mila euro da una cooperativa mi hanno fatto ponti d’oro.

Si sapeva che avrei fatto una comunità psichiatrica, ma facevo lavorare artigiani e commercianti e nessuno ha avuto nulla da dire. Finito di far guadagnare gli altri, quando dovevo essere io a lavorare, in molti hanno messo in pratica ogni azione possibile per impedirmi di fare il mio mestiere, sono riuscito due anni a fare la comunità poi la Regione non ha più fatto gli accrediti previsti e sono arrivati i guai economici. Adesso posso risollevare la mia struttura dando un’accoglienza dignitosa a questi profughi e chi mi ha fatto del male, arrivando a vandalizzare l’edificio per farmi spendere altri soldi, non me lo impedirà. La verità è che io volevo vendere tutto, poi quando è affondato il barcone con 700 persone mi sono detto che potevo aiutare loro e anche la mia famiglia, così ho deciso di andare avanti. I profughi resteranno alcuni mesi, poi qui riapriremo la comunità psichiatrica anche per i pazienti degli ex ospedali psichitrici giudiziari perché abbiamo tutti gli accrediti del caso da parte di Asl».