
Il delitto di Paderno
Paderno d'Adda (Lecco), 6 aprile 2016 – Sessant'anni in tutto, trenta ciascuno. I giudici della Cassazione hanno confermato la sentenza di condanna pronunciata dei colleghi di primo grado prima e della prima sezione della Corte d'assise d'appello del tribunale Milano poi per i due cugini Fabio Citterio, tecnico informatico di 47 anni di Lurago d'Erba e Tiziana Molteni, operatrice sanitaria di 54 anni di Dolzago che la sera del 10 maggio 2012 hanno ammazzato con un colpo di pistola alla gola nel box sotto casa il carpentiere 42enne Antonio Caroppa di Paderno d'Adda, papà di una bimba piccola. L'ennesimo e definitivo verdetto è stato emesso nei giorni scorsi. I due sono gli esecutori materiali della spietata esecuzione. Lo avevano ammesso quasi sin dalle prime battute, subito dopo essere stati arrestati, tanto da scegliere il rito abbreviato per scongiurare il rischio dell'ergastolo e confidando in pene più lieve. Invece nel corso di tutti i processi per loro è stata ribadito il massimo della punizione prevista con il giudizio abbreviato. Il mese scorso, sempre i giudici della Corte suprema, hanno invece confermato l'ergastolo per Santo Valerio Pirrotta, il 50enne di Lurago d'Erba ritenuto l'organizzatore dell'uccisione.
Secondo investigatori e inquirenti, il cui lavoro e impegno è valso al luraghese il fine pena mai, è stato quest'ultimo a organizzare l'assassinio del brianzolo e reclutare i killer, cioè i due cugini, uno dei quali era suo vicino di casa. E sarebbe stato sempre lui a procurare loro l'arma con cui poi l'esperto di pc ha esploso un colpo fatale alla gola del padernese. Di più: li ha accompagnati personalmente sulla scena del crimine per accertarsi che portassero a termine il compito affidato. Non è tuttavia stato mai chiarito sino in fondo il movente del delitto. L'ipotesi più accreditata, sebbene mai provata, è che si sia trattato di un delitto d'onore, commissionato da Alberto Ciccia di Renate, ma calabrese d'origine, uno delle persone indagate, condannato per un efferato triplice omicidio avvenuto nel 1996 a Capriano di Briosco e ritenuto uno degli esponenti di spicco della malavita organizzata trapiantata in Brianza. La convivente del 42enne in passato ha intrattenuto con il boss una relazione sentimentale, durata sino a quando non è stato catturato nel 2003 a Merate al termine di una lunga latitanza.
C'era pure lei al momento del blitz dei carabinieri, ma successivamente si è ricostruita un'esistenza, senza mai negare al nuovo compagno le sue frequentazioni pericolose precedenti. A quanto pare l'ndranghetista avrebbe chiesto ai suoi picciotti di lavare con il sangue quella che considerava un'onta. Ammesso che la ricostruzioni sia veritiera non pagherà comunque mai per il delitto che potrebbe aver commissionato, perché il 16 ottobre 2014 è morto per un male incurabile nel carcere di Busto Arsizio dove era detenuto portando per sempre con sé la soluzione del mistero e la verità. di D.D.S.