Il racconto di un sopravvissuto: "La mia fuga dall'inferno Ebola, chiedo una chance per continuare a vivere"

Mamadou, soli 18 anni, è arrivato a Cremeno dopo un viaggio infinito: "La famiglia mi manca ma ora sono più felice" di Stefano Cassinelli

Mamadou Piallo, 18 anni, fuggito dalla Guinea (Sandonini)

Mamadou Piallo, 18 anni, fuggito dalla Guinea (Sandonini)

Cremeno, 7 ottobre 2014 - «Sono fuggito dalla Guinea perché non volevo morire di Ebola. Ho visto mia sorella di 21 anni morire per la malattia e ho deciso di scappare da quell’inferno». Così inizia il racconto di Mamadou Piallo, 18 anni, un inglese stentato e gli occhi tristi pieni di speranza. Per arrivare in Italia, inseguendo un sogno che non sa esattamente nemmeno dove si trova sulla cartina geografica, Mamadou ha viaggiato per sette mesi in Africa, ha attraversato Mali, Burkina Faso, Niger e Libia, proprio nel deserto è rimasto per un tempo indefinito. «Nel mio Paese molta gente sta morendo di Ebola, ho visto tanti ammalarsi e io non volevo fare la stessa fine per questo ho deciso di scappare e così sono arrivato in Italia. Io non voglio morire».

Il giovane è partito dalla città di Lame per inseguire, come quasi tutti, un sogno oltremare: «Voglio solo la tranquillità, voglio poter studiare o lavorare, non mi interessa che cosa devo fare ma voglio stare in pace, voglio solo stare in pace. Mi manca la mia famiglia, da quando sono partito non ho più notizie di nessuno di loro, avevo due fratelli e tre sorelle, spero che stiano bene ma non ne ho idea, potrebbero essere morti, io non lo so, adesso che sono qui. E cercherò nuovamente di mettermi in contatto con loro ma non è facile. Sono preoccupato perché ho paura che anche loro abbiamo preso Ebola. Non riescono a curarti per questa malattia, anche negli ospedali non possono fare nulla... Ho visto come è morta mia sorella». Quando Mamadou ha raccontato la sua storia in Questura a Lecco durante l’identificazione, in molti si sono preoccupati per il rischio di contagio ma il lungo periodo intercorso tra la partenza e l’arrivo in Italia è stato come una quarantena sanitaria, di fatto la malattia ha una incubazione tra i due e i 21 giorni.  Dalla città di Labe in Guinea a Cremeno in Valsassina il viaggio è lungo e le differenze sono tante ma il giovane profugo spera qui di poter avere un nuovo inizio e candidamente ammette: «Non so che cosa farò qui, per me la cosa importante è non tornare in Guinea perché non voglio morire. Qui mi piace, la gente è gentile e spero di poter restare per sempre in Italia. Qui è tutto molto diverso rispetto a dove vivevo io, ogni cosa è nuova e credo sia un grande opportunità, voglio avere un futuro. Cremeno mi piace, anche se ci sono tanti problemi. Soprattutto, anche se non sono come stanno i miei parenti adesso sono più felice».