di Gabriele Moroni
Milano, 21 marzo 2013 - «Ha stuprato una povera ragazza e ha ucciso un bambino, il mio bambino. La prossima volta, se tornerà libero, cosa farà? Quell’uomo, fuori dal carcere, può solo fare del male». Si contiene, riesce a imporre un confine alla sua stupefazione, alla sua rabbia dolorosa. Paola Pellinghelli è la madre di Tommaso Onofri, per tutti Tommy, il «piccolo Tommy», icona di una infanzia troncata dalla brutalità assassina. Paola parla di Mario Alessi senza mai nominarlo.
Non sopporta l’idea che l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Tommy possa lasciare il carcere, tornare fra gli altri, bere anche solo per poche ore il dolce vino della libertà. Tommy aveva diciotto mesi quando, la sera del 2 marzo 2006, venne strappato dal seggiolone nell’abitazione dei genitori a Casalbaroncolo, alle porte di Parma. Ad agire un commando sgangherato quanto sciagurato composto da Alessi e Salvatore Raimondi, due muratori spiantati attirati dalla modestissima agiatezza degli Onofri e allettati dalla prospettiva di un riscatto. Dietro di loro Antonella Conserva, compagna di Alessi. Invece Tommy morì quella stessa sera, ucciso perché piangeva e sepolto in una fossa scavata con fretta furiosa al Traglione, sul greto dell’Enza, in una zona solitaria tra Parma e Reggio Emilia. Per un mese sarà quella la sua tomba.
Carcere a vita per Mario Alessi. Oggi il manovale siciliano ha 52 anni. Nel carcere della Dogaia a Prato ha frequentato un corso da fabbro. Adesso ne segue un altro, teorico e pratico, da giardiniere. Primo passo per essere ammesso al lavoro esterno, una speranza neppure troppo riposta. «Stiamo parlando - incalza Paola - di un uomo che è responsabile di uno stupro e dell’omicidio di un bambino. Non sono cose da poco. Forse non si pensa a questo. Non so se sia stato lui a infierire su Tommaso, Ma lui c’era, c’era la sera che il mio bambino è stato ucciso. Non è un personaggio da rimettere in circolazione in nessun caso. Non sono io a dover decidere, ma la penso così. In questi anni ho cercato di non considerare questi personaggi, non fanno parte della mia vita. Però rimango stupefatta. Uno diventa delinquente, violenta, uccide, poi frequenta un corso e lo mettono fuori. Trovo incredibile anche che gli venga dato un lavoro quando ci sono tante persone che non ne hanno. Per me è una cosa schifosa. Non sono di quelli che vorrebbero la pena di morte. Però se uno è all’ergastolo, se è pericoloso deve rimanere dentro, Poi può fare tutti corsi che vuole. Ma stando dentro».
«Chiederemo il permesso - dice il difensore Laura Ferraboschi - quando i tempi saranno maturi. La legge lo consente. Se c’è una legge, significa che è possibile. Perché no? Escono tanti criminali. I mafiosi sono più pericolosi di Alessi».
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