Cassina de' Pecchi, 6 novembre 2010 - Da accusati ad accusatori. Da responsabili di un reato infamante, quello di violenza sessuale, nei confronti di due ragazzine — una appena diciottenne, l’altra minorenne all’epoca dei fatti — al ruolo di ingenui finiti quasi senza accorgersene nel tranello di due adolescenti abituate a mischiare sesso, droga e soldi con l’astuzia di navigate professioniste.
"Siamo state caricate a forza su un furgone mentre camminavamo. In tre ci hanno costretto ad avere rapporti sessuali e poi ci hanno lasciato in mezzo ai campi...". È questo quanto raccontano Giulia e Laura (nomi di fantasia) quando il 6 luglio del 2005 vengono rinvenute alla periferia di Cassina esattamente la sera dopo la denuncia di scomparsa da parte delle rispettive famiglie. Sembra un fatto agghiacciante da Arancia Meccanica: tre uomini fra i cinquanta e i sessant’anni, trapiantati in riva alla Martesana dal Sud, e che abusano ripetutamente di due studentesse. Ma ai carabinieri che iniziano a indagare, alcuni elementi iniziano subito a non essere chiari. La visita ginecologica esclude la violenza. Le ragazze appaiono troppo tranquille nonostante quanto hanno subito. E in sede d’interrogatorio si contraddicono e danno l’impressione di aggiustare di volta in volta i fatti a seconda della convenienza.
I sospetti che si trasformano in macigni grossi come pietre il giorno in cui la sorella di Giulia trova, nascosto in fondo a un cassetto, il suo diario: "Oggi io e Laura siamo andati da [...]e [...]mi ha toccato il kulo ke figura.... Mi ha detto ke ha una voglia matta di scoparmi". In un’altra pagina si legge: "Oggi io e Laura siamo andate da [...]. C’era anche [...]siamo andate a casa sua e abbiamo fatto due cannoni". E ancora "Abbiamo bevuto vino e poi l’abbiamo fatto. Mi sono divertita, oggi...". Giorno dopo giorno emerge uno scenario a luci rosse: veri e propri festini sessuali con uomini più che maturi.
Nell’abitazione di uno di loro. In cambio di generose dosi di cocaina e marijuana. Condite da bottiglie di vino e superalcolici. Le famiglie — solo in seguito emergerà che i tre sono in qualche maniera legati ai genitori anch’essi meridionali — tenute all’oscuro di tutto. Al punto che Giulia, quando in sede d’indagini preliminari le verrà chiesto come mai nel diario non facesse menzione di abusi o minacce, dichiara paradossalmente: "L’ho fatto per paura che venisse letto dai genitori o da qualche amica...". Insomma: un finto stupro di gruppo per mascherare una nottata fuori casa venuta a galla. Per non ammettere che quei rapporti che andavano avanti da mesi erano consenzienti, graditi e addirittura cercati.
"Il quadro d’insieme fa trasparire un contesto di grande degrado — ammette l’avvocato Paolo Grecchi di Milano che difende uno dei due 62enni —. Il dato essenziale, però, è che è stata portata alla luce la verità. Il mio cliente e l’uomo di 57 anni, ora a processo, dovranno quanto meno rispondere solo del reato di possesso e spaccio di sostanze stupefacenti e non di violenza sessuale. Anche se si tratta di un’illogicità che intendiamo dimostrare, perché di droga in casa non ne è mai stata rinvenuta, nemmeno un grammo". Il terzo accusato, che ha fatto ricorso all’abbreviato, è già stato condannato. "Le due ragazze? Guarda caso non si sono nemmeno costituite parte civile", aggiunge Grecchi. La prima udienza a Milano è fissata a dicembre.
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