Trezzo Sull'Adda (Milano), 4 settembre 2015 - Dalle dichiarazionidei redditi alle caprette, il «cambio vita» dell’assessore: «Non tornerei mai indietro». Il gran salto, per Sergio Confalone, assessore 47 enne a Bilancio e Tributi al Comune di Trezzo, porta la data del primo di agosto, quando ha iniziato la vendita di caciottine di latte di capra del suo allevamento, la Società Agricola Porto dell’Adda, nell’omonima localitò in via Primo maggio. Intanto ha messo in vendita l’avviato studio da commercialista sulla piazza del Comune di Trezzo, teatro di decenni di attività fatta di carte e numeri. Non un salto nel buio, frutto di improvvisa folgorazione, ma un’impresa sognata per anni e realizzata un passo dopo l’altro, con prudenza e molto lavoro. L’azienda, una costruzione e una stalla in una bellissima posizione panoramica nel verde della valle fluviale, fu rilevata a un’asta un anno fa. L'area aveva ospitato negli anni un’altra attività, chiamata «l’Oasi dell’Adda», poi fallita. C’erano rimasti solo stabili cadenti e rifiuti ovunque. Ed ecco Confalone. «Da parecchio tempo, insieme alla mia compagna Valérie, meditavamo un cambio di vita - racconta - . Lei lavora con i cavalli, io pensavo a un’attività all’aria aperta. Era il momento. Ci siamo detti: se non ora, quando?, E abbiamo iniziato la ricerca. Avevamo visto strutture interessanti anche altrove, poi è capitata questa opportunità».
Un grande sforzo, anche dal punto di vista economico. «Nell’avvio di questa azienda abbiamo messo risparmi, abbiamo venduto quello che potevamo, ci hanno aiutato le famiglie. Non nego che ci voglia un po’ di ossigeno. Ma i soldi non bastano a far funzionare una realtà come questa. Abbiamo lavorato tanto, tantissimo, senza sosta. Ci vuole una grande motivazione». Infine le «creature», 28 capre di razza svizzera Saanen, bianchissime, occhi verdi, per solo latte. Le aspettative? «Avevamo già ristrutturato, abbiamo realizzato il laboratorio e iniziato a produrre una caciotta stagionata e delle caciottine fresche. Mi aspetto non di diventare ricco, ma di trovare un equilibrio economico». Rimpianti? «No. Per anni ho fatto un’attività basata su regole, normativa, numeri, astrazione. Qui vedi la vita. Far nascere le prime caprette è stata un’emozione grandissima. C’è anche il lato brutto: ho dovuto selezionare i nuovi nati e vendere i maschietti, è stato terribile, ho pianto. Io di allevamento non sapevo niente. Sto imparando sul campo. Mi aiuta un ragazzo indiano 22 enne, che lavora qui da me ed è diventato insostituibile».
Tanti i progetti. «Nel giro di un anno penso di arrivare agli 80, 100 capi, a regime, e di iniziare a promuovere l’attività e i prodotti: faremo i mercati, collaboriamo già con alcuni venditori al dettaglio». Non solo capre. L’allevamento include anche due cavalli, la femmina già incinta. «Non penso a un’attività di maneggio, voglio mantenere pura, qualificata, l’attività di produzione casearia. Aspettiamo però dalla Sovrintendenza l’ok per la sistemazione della stalla, magari, che so io, si potrebbe ipotizzare in futuro un pensionato per i cavalli, un’area di sosta per chi viene a passeggiare qui. Una cosa alla volta, comunque. Temo che la mania dell’agriturismo, o forse dovrei dire la noia, stia troppo inquinando il settore agricolo».