Milano, 12 luglio 2010 - Quattordici anni di carcere più 65mila euro di multa per traffico internazionale di stupefacenti, interdizione perpetua dai pubblici uffici, assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata a questi traffici e prescrizione per il reato di peculato.

 

La sentenza pronunciata dai giudici del Tribunale di Milano, dopo oltre 5 anni di processo e quasi 200 udienze, ‘racconta' che il Comandante del Ros dei Carabinieri Giampaolo Ganzer, per trent’anni uomo dell’Arma e delle istituzioni, per fare carriera, per guadagnare più prestigio e visibilità, ha forzato le norme della legge, trasformando la caccia ai narcos in una partita dove, in nome del risultato, si potevano importare, raffinare, vendere chili di droga. Una partita che lui avrebbe giocato da battitore libero e non, come ha sostenuto l’accusa rappresentata dal pm Luisa Zanetti, come colui che "dirigeva e organizzava i traffici".

Per questo, i giudici lo condannano a una pena severa ma più bassa di quella chiesta dal pm, 27 anni di carcere. Con Ganzer viene condannato a 7 anni e sei mesi anche Mauro Obinu, ex colonnello del Ros e attuale alto dirigente dei servizi segreti, oltre a diversi ex appartenenti all’Arma. Tra il 1991 e il 1997, il metodo targato Ros individuato dalla Procura sarebbe stato quello "di creare traffico di droga prima al fine di reprimerlo usando a tal fine le conoscenze investigative, strumentalizzando le risorse dell’ Arma, inducendo a importare droga trafficanti-fonti poi non perseguiti e arricchitisi con i soldi versati dagli acquirenti e mai sequestrati, e arrestando persone di sicuro interessate al narcotraffico ma ad esso istigati dai militari e dalle loro fonti2.

 

L’indagine nasce da un’intuizone del pm Armando Spataro che, nel gennaio 1994, ricevette dall’attuale leader del Ros, col quale aveva all’epoca un rapporto di stima, la richiesta di un’autorizzazione a ritardare il sequestro di una partita di droga. "Mi disse che il Ros disponeva di un confidente colombiano che aveva rivelato l’arrivo nel porto di Massa Carrara di un carico di 200 chilogrammi di cocaina. Era destinata alla piazza di Milano e il confidente era disposto a fornire al Ros le indicazioni necessarie per seguire il carico fino a destinazione e catturare i destinatari della merce".

"Spataro firmò il decreto di ritardato sequestro. Ma i piani del Ros cambiarono": l’operazione infatti fu effettuata. Ma, dopo aver compiuto l’operazione, il Ros non diede più informazioni. Insospettito, Spataro si presentò negli uffici romani del Raggruppamento operativo speciale e chiese notizie attorno al sequestro dei due quintali di cocaina. Gli fu mostrata della droga conservata in un armadio. Quando, molti mesi dopo, Ganzer gli prospettò l’ipotesi di vendere quella droga a uno spacciatore di Bari, Spataro decise di informare il capo della procura e alcuni suoi colleghi. E ordinò la distruzione della droga.

Un copione che sarebbe poi stato ricalcato molte altre volte. Secondo l’accusa, gli stessi carabinieri erano diventati protagonisti del traffico e le ‘brillanti operazionì non erano altro che delle retate di pesci piccoli messe in atto per gettare fumo negli occhi all’opinione pubblica. Un elemento fondamentale per l’inchiesta che ha portato al processo fu acquisito nel 1997 a Brescia dal giudice Fabio Salamone. Un esponente della malavita, Biagio Rotondo, detto «Il Rosso» gli raccontò che nel 1991 due carabinieri del Ros lo avvicinarono in carcere e gli proposero di diventare un confidente nel campo della droga.

In realtà, secondo l’accusa, questi confidenti (tra il 1991 e il 1997 ne furono reclutati in gran numero) venivano utilizzati come agenti provocatori, come spacciatori, come tramiti con le organizzazioni dei trafficanti. "Il Ros - scrivono i giudici nel rinvio a giudizio - instaura contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni sudamericane e mediorientali dedite al traffico di stupefacenti senza procedere nè alla loro identificazione nè alla loro denuncia... ordina quantitativi di stupefacente da inviare in Italia con mercantili o per via aerea, versando il corrispettivo con modalità non documentate e utilizzando anche denaro ricavato dalla vendita in Italia dello stupefacente importato. Denaro di cui viene omesso il sequestro". "Si tratta - annota la Procura di Milano - di istigazione ad importare in Italia sostanze stupefacenti".

Sempre secondo l’accusa, i comportamenti illeciti furono coperti e agevolati dal magistrato Mario Conte, che allora lavorava a Bergamo: il suo ruolo nelle operazioni antidroga era fondamentale perchè, con la sua firma, forniva ai Ros la copertura legale. Biagio rotondo morirà suicida in carcere il 29 agosto 2007. Il principale teste dell’accusa era stato arrestato cinque giorni prima con l’accusa di detenzione abusiva di arma e ricettazione perchè, durante un controllo dei carabinieri, all’esterno del ristorante dove lavorava era stata trovata una vecchia pistola nascosta in un tovagliolo. La posizione di Conte, rinviato a giudizio nel 2005 con gli uomini del ROS, è stata separata da quella degli altri imputati per motivi di salute ed è tuttora sotto processo a Milano.

 

L’inchiesta, nata a Brescia nel 1997 (pm Fabio Salamone) era passata a Milano (pm Davigo, Boccassini e Romanelli) proprio perchè coinvolgeva un pm bergamasco, salvo poi essere mandata a Bologna (per un episodio a Ravenna), restituita da Bologna a Milano, girata a Torino e rispedita a Bologna, che sollevò conflitto di competenza in Cassazione, la quale stabilì infine la competenza di Milano Un ‘giro d’Italia' che ha ritardato la fine di un processo durato un’eternità, al ritmo di due udienze a settimana, che ha visto presente, in molte occasioni, lo stesso Ganzer, seduto nel banco degli imputati.

"Questo processo ha danneggiato la mia carriera, impedendomi di raggiungere i vertici dell’Arma - aveva detto il Comandate del Ros, nelle dichiarazioni spontanee del 6 giugno scorso - Ma non me ne sono mai rammaricato - ha aggiunto - perchè sono stato gratificato dal prestare servizio per 35 anni nei reparti operativi dei Carabinieri, privilegio che mi ripaga delle difficoltà e delle amarezze". Quindi aveva rivendicato "il metodo che ho sempre prescritto fin dal ‘94". Sia la Procura (contro il venir meno dell’associazione a delinquere) che Ganzer e gli altri 14 imputati condannati appeleranno questa sentenza.

 

La camera di consiglio è iniziata lunedì scorso ed è durata una settimana. Il genarale Ganzer è stato condannato in relazione all’operazione ‘Cobrà iniziata nel febbraio 1994 e terminata nel novembre 1994 e all’operazione ‘Cedro uno', iniziata nell’ottobre 1995 e finita nel settembre 1997. Dell’operazione Cobra Ganzer parlò a Spataro e da essa scaturirono i primi sospetti del pm nei suoi confronti. L’operazione Cedro Uno è collegata alla vicenda di una raffineria per la pasta di cocaina a Rosciano, nel Pescarese, che in alcune occasioni, nella ricostruzione dell’accusa, un maresciallo del Ros avrebbe rifornito. In entrambe le operazioni, Ganzer avrebbe avuto un ruolo "organizzativo, direttivo e operativo".