Milano, 2 marzo 2011 - Mentre a Sanremo l’ultima sfida del festival è cantare in dialetto lumbard, i tassisti milanesi litigano con Regione e sindacati sulla lingua inglese. Che dovrebbero saper parlare correttamente per poter usufruire di premi e possibilità di incrementare il prezzo delle corse. All’esame di lingue, il Pirellone li ha bocciati, negando loro quanto previsto dagli accordi. Scontata la reazione della categoria, che accusa la controparte e i suoi stessi rappresentanti: nelle auto bianche, dicono, non si sale per fare salotto. Di più: i clienti neppure parlano col tassista. E c’è chi giura, tra chi fa il mestiere da trent’anni, che ce la si può cavare benissimo senza studiare Shakespeare. Nel duello coi tassisti, l’assessore regionale Cattaneo replica rimandando a quanto stabilito, già più di due anni fa, negli accordi sottoscritti. Che se la prendessero, dunque, con chi li ha firmati senza avanzare prima queste riserve.
Certo, in una città che si scopre turistica e proietta le sue ambizioni nel traguardo dell’Expo 2015, è singolare che chi coi turisti e i viaggiatori lavora non conosca l’inglese. Ma, a noi che dei tassisti siamo clienti, suona strano apprendere che gli aumenti delle tariffe possano dipendere dal grado di cultura di chi ci scarrozza. Dovessero imitarci all’estero, noi italiani - che con l’inglese abbiamo problemi - finiremmo spennati.
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