Non mi ero resa conto di essere sposata con un mafioso… eppure sembra essere proprio così, dato che mio marito, consorte e padre amorevole nei confronti di nostro figlio undicenne, ha commesso da qualche anno il “grave reato” di diventare tassista. Già, perché secondo il battage mediatico che si sta svolgendo nelle ultime settimane pare che il termine tassista equivalga a delinquente della peggior specie. Non nego che, come in tutte le categorie, possano esservi anche fra i tassisti delle “mele marce”, ma sono sicuramente un’esigua minoranza. Andrebbe inoltre fatto un discorso a parte sulla situazione delle piccole città come quella in cui vivo, che non è sicuramente paragonabile a quella delle metropoli come Roma o Milano.

Vi è tuttavia un’evidente ed inquietante determinazione a convincere l’opinione pubblica che gran parte dei mali della nostra povera Italia sia causa della mancata liberalizzazione delle licenze per il cosiddetto trasporto di piazza. Ammesso e non concesso che non l’avessi già fatto, ora mi rendo veramente conto di quanto purtroppo i grandi media siano in grado di strumentalizzare noi cittadini. Ultimamente tutti parlano della liberalizzazione dei taxi, senza avere pressoché alcuna idea di come sia regolamentato il mestiere del tassista. Vivendo la situazione in prima persona, mi è più facile comprendere quanto siano incomplete e spesso inesatte le informazioni volte a far percepire problemi quelli che in realtà non lo sono e viceversa camuffare, allontanando da esse l’attenzione, le difficoltà reali. Si tenga inoltre conto del fatto che ai rappresentanti della categoria non viene concesso praticamente alcun diritto di replica né nei vari programmi televisivi di divulgazione, né tantomeno nelle testate giornalistiche che, al contrario, sembrano essere in larga parte al soldo dei potenti, tutti a preoccuparsi della liberalizzazioni delle licenze dei taxi.

Mentre l’Italia va a rotoli il “Quarto Potere” insomma, all’improvviso sembra a tutti i costi voler fare apparire i tassisti come il problema più importante del momento. Non erano mancate in passato altre ondate di attacchi ai conducenti delle auto di piazza da parte dei giornalisti, ma stavolta stanno davvero esagerando! Oltre che gettare fumo negli occhi dei cittadini ignari arrivano secondo me a sconfinare nella diffamazione vera e propria. La “casalinga di Voghera”, tanto per tirare fuori un vecchio stereotipo da contrapporre al “tassinaro” romano, pur non avendo mai usufruito in vita sua del servizio taxi, è improvvisamente interessatissima alla liberalizzazione delle licenze, perché in televisione non sente parlare d’altro.

Così il “dagli addosso” a quei mafiosi di tassisti la svia dagli altri problemi: le bollette sempre più alte, il carrello della spesa sempre più vuoto, le infrastrutture sempre più care e meno efficienti, tanto per dirne alcuni. Magari spera che presto si potrà permettere di andare al supermercato in auto anziché in autobus, perché, come le viene raccontato dai media, la liberalizzazione delle licenze consentirà una diminuzione dei prezzi dei taxi. Il che non è assolutamente vero, anzi! Nei pochi Paesi in cui è stata consentita la liberalizzazione totale (Irlanda, Svezia, Olanda), i prezzi sono notevolmente saliti.


Mi chiedo quindi come mai un servizio che viene normalmente usato dalla stragrande minoranza dei cittadini italiani sia all’improvviso diventato così determinante. Non sarebbe forse più logico cercare di migliorare ed implementare i trasporti più largamente fruibili, come autobus, treni, metropolitane? Ed ecco la risposta: i mezzi di cui sopra costano, e devono continuare a costare, relativamente poco a chi li utilizza mentre hanno spese di gestione molto elevate. I taxi invece, essendo si servizi pubblici ma più “di lusso”, rappresentano una nicchia di mercato assai appetibile per i cosiddetti “squali della finanza”. Il trasporto ferroviario se lo sono già in parte accaparrato, ora hanno messo gli occhi su quello stradale.

Ma cosa significa esattamente “liberalizzazione” delle licenze di trasporto di piazza? Si noti che in questo caso non si parla mai, come per altri servizi, di “privatizzazione”. Ciò per il semplice fatto che i taxi sono da sempre un servizio gestito da privati. Quella che l’autorevole testata “L’Espresso” ha di recente definito una potente lobby è composta in realtà da migliaia di piccoli imprenditori. Quanti sanno che il mestiere di taxista è qualificato come attività artigianale? Il che significa costi fissi per il semplice fatto di esistere come imprenditore: tassa annuale di iscrizione al registro imprese, contributi INPS, INAIL, oltre che naturalmente l’IRPEF sui redditi.

Quanto costa all’erario la gestione delle auto bianche? ASSOLUTAMENTE NULLA! Anzi, in quanto imprese rappresentano un introito per le casse dello Stato. Tutti i costi di gestione: carburante, acquisto e manutenzione del mezzo, assicurazione e bollo sono interamente a carico del tassista. Senza contare l’acquisizione della licenza. A parte pochi casi in cui le concessioni sono state date gratuitamente dai Comuni, ma sempre a numero chiuso, chi sceglie di fare il tassista acquista, spesso indebitandosi con le banche, la licenza da qualcuno che si ritira. Le licenze di taxi sono infatti costose, ma c’è da dire che fino ad ora hanno rappresentato per chi le acquistava una sorta di garanzia sul futuro, dato che in quanto artigiano il tassista ha una pensione bassissima e una volta smessa la propria attività potrebbe contare sulla vendita della propria licenza come una sorta di “buonuscita”.

La liberalizzazione sconsiderata delle licenze comporterebbe quindi per i tassisti la perdita in un sol colpo del proprio lavoro e del proprio capitale, con la conseguente rovina di circa sessantamila famiglie italiane. L’attuale Presidente del Consiglio ha detto che sta facendo il possibile per garantire un futuro ai nostri figli…forse per lui i figli dei tassisti hanno meno diritti degli altri! Desidero inoltre puntualizzare e citare le parole pronunciate da Mr. Mario Monti in occasione della conferenza stampa di fine anno riguardo ai contributi all’editoria, per i quali, come per molti altri settori, sono stati annunciati dal Governo notevoli tagli: "Sulla questione dei contributi statali alla stampa mi limito a dire che la cosa difficile - ma necessaria - è scegliere. I contributi saranno mantenuti", ha chiarito Monti, "Ma il governo sta lavorando per trovare criteri obiettivi per scegliere e selezionare coloro che sembreranno più idonei e meritevoli a ricevere i finanziamenti che, ricordiamolo, arrivano dalla generalità dei cittadini". Non c’è quindi da chiedersi chi saranno i “più meritevoli”?

Forse, ad esempio, coloro i quali si stanno impegnando a gettare sterco sulla categoria dei tassisti per favorire gli squali della finanza tanto cari a certi potenti e che, guarda caso, lavorano per i media più diffusi i quali probabilmente continueranno a farla sempre più da padrone a scapito del pluralismo e della stessa democrazia?!? Da quanto leggo e sento ultimamente pare che i tassisti siano personaggi che guadagnano smoderatamente senza spendere nulla. In realtà sono persone che lavorano spostandosi nel traffico sempre più caotico tredici ore giornaliere, con qualsiasi stagione, con turni anche di notte e nei giorni festivi. Le condizioni di lavoro e la sicurezza meriterebbero un discorso più approfondito, ma ci sarebbe da dilungarsi troppo. Come tutti i piccoli imprenditori, i tassisti non hanno né ferie né malattia pagate poiché il loro guadagno è in funzione delle ore che lavorano.

Oggi, tra la crisi che naturalmente colpisce inevitabilmente i consumi non strettamente necessari, l’aumento continuo del carburante e degli altri costi, l’incremento dell’abusivismo e l’ampliamento delle concessioni emesse dai Comuni a seguito del decreto Bersani del 2006, il lavoro diminuisce e le spese aumentano. Al netto delle spese, un tassista alla fin fine non guadagna in media molto più di una badante, se consideriamo che quest’ultima non ha alcun costo da sostenere. Tra coloro che oggi parlano in continuazione della (peraltro giusta) lotta all’evasione, pare nessuno tenga conto del sempre più diffuso problema dell’abusivismo, col quale i tassisti sono purtroppo costretti a convivere da sempre. Chi c’è di più evasore dell’abusivo, che oltretutto applica le stesse tariffe dei conducenti autorizzati ? !?

Perché il CODACONS, anch’esso di recente sceso in campo nella crociata contro i tassisti, non si preoccupa di tutelare veramente i consumatori denunciando chi offre servizi pubblici senza averne né alcun diritto né i requisiti necessari? Non sono questi forse, tanto per citare di nuovo il nostro Presidente del Consiglio, italiani che vanno nelle tasche di altri italiani? Però, mi consenta il Presidente, nonché stimatissimo economista, sono convinta che sia i primi che i secondi se ne accorgano, e come!


Altra cosa di cui pochi sono a conoscenza, è il fatto che per ottenere il diritto al trasporto di passeggeri il tassista deve obbligatoriamente possedere e rinnovare regolarmente (con ulteriori costi a proprio carico) il certificato di abilitazione professionale (CAP) rilasciato dal competente ufficio della Direzione generale della M.C.T.C., finalizzato a garantire l’affidabilità del conducente e la conseguente sicurezza dei passeggeri. Un’altra cosa che mi sembra pressoché sconosciuta all’opinione pubblica, è il fatto che le tariffe dei taxi sono stabilite dai Comuni, non dai singoli tassisti.Se la corsa in taxi costa al cliente più di quella in autobus probabilmente una ragione c’è: il servizio è nettamente migliore. Un cittadino che sale su un tram non si scandalizza se è sporco, sovraffollato, fuori orario o ferma lontano da dove si deve recare. Se sale su un taxi, si aspetta invece giustamente di fruire di un mezzo di trasporto pulito, che possa essere disponibile in qualsiasi ora del giorno e della notte e che lo porti esattamente nel luogo di destinazione. Bene, ovviamente dietro tutto ciò c’è il lavoro di un imprenditore e a volte anche della sua famiglia. Perché nei momenti di “riposo” del taxista c’è l’auto da accudire quasi fosse un ulteriore membro della famiglia… controlli in officina, dal gommista, pulizia.


Cos’è – o meglio chi è – che sta quindi dietro questo improvviso accanimento mediatico contro i tassisti? I grandi finanzieri e le grandi cooperative che si vogliono mangiare i piccoli lavoratori autonomi come pedine su una scacchiera gigantesca, schiacciando sempre più l’imprenditoria italiana, che è stata per decenni il fulcro della nostra economia. È vero che le cose cambiano inevitabilmente nel tempo…ma sarà meglio o peggio? Una cosa è certa: con l’eventuale liberalizzazione indiscriminata dei taxi ci sarà meno qualità del servizio e meno tutela del consumatore. Perché alla guida delle auto bianche non ci saranno più proprietari ma dipendenti, magari sottopagati e quindi demotivati, magari stranieri che nemmeno parlano la nostra lingua. Chi vorrà usufruire di un taxi si troverà probabilmente a salire su un mezzo sporco, magari con scarsa manutenzione e quindi meno sicuro e magari con un conducente che guida in maniera sconsiderata. Le persone anziane o malate, difficilmente saranno aiutate a scendere dall’auto o accompagnate a braccetto a destinazione. Last but not least – mi si conceda questa espressione anglosassone come quelle che tanto piacciono al nostro attuale Presidente del Consiglio – si andrà probabilmente ad annullare quel rapporto umano che spesso fa del “tassinaro” un confidente ed un consigliere affidabile.


Nicoletta Bertazza

(moglie di un tassista)