Milano, 9 marzo 2012 - «Sono migliaia a Milano e in Lombardia le vittime di usura, eppure le denunce continuano a essere pochissime. Gli imprenditori tacciono, pagano o scappano. Ma non denunciano, come se ci trovassimo in una zona del profondo Sud. Non solo la Lombardia ha importato mafia, ’ndrangheta e camorra, ma è riuscita ad ottenere quel silenzio fatto di consensi e di paura che permette ai clan di crescere e prosperare. Durante la conferenza stampa di fine anno il neo questore di Milano, Alessandro Marangoni, ha dichiarato che a Milano, nel 2010, sono state denunciati solo cinque episodi di usura».

Parole severe, amare, impietose, a fotografare una realtà desolante, quelle che escono dal rapporto annuale di Sos Impresa, l’associazione antimafia, racket e usura nata nel 1991 a Palermo all’indomani dell’omicidio di Libero Grassi.

Secondo Sos Impresa sono 16.500 i commercianti lombardi coinvolti i rapporti usurari, il 12,50 pet totale nazionale, quinta posizione dopo Campania (32.000), Lazio (28.000), Sicilia (25.000), Puglia (17.500). Nel 2008 le operazioni antiusura in Lombardia sono state 14 con 129 arrestati, nel 2009 20 con 70 arrestati, nel 2010 22 con 205 arrestati.

«L’usura - scrive il rapporto - a Milano e provincia, oltre a quello arcigno del malavitoso, ha anche il volto del pensionato, quello perbene della società finanziaria degenerata, quello di prestatori non legati alla criminalità organizzata, ma non per questo meno aggressivi. Nel solo capoluogo si sospetta di circa quattrocento casi d’usura collegati ad ambienti camorristici. Le previsioni degli inquirenti parlano di una Milano che potrebbe assurgere a capitale italiana dell’usura».

È la figura ormai storicizzata dell’usuraio dall’apparenza perbene, l’usuraio della porta accanto, il vicino di casa, il negoziante, il professionista, l’anziano in pensione. Cittadini al di sopra di ogni sospetto, strozzini al servizio dei clan ’ndranghetisti e camorristici che hanno esportato in Lombardia la loro capacità imprenditoriale oppure attivi in autonomia.

A Pavia un avvocato è stato condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi per usura aggravata (il pm aveva chiesto sei anni e sei mesi). Nel marzo 2007 era stato accusato dai titolari di un’azienda metlmeccanica dell’Oltrepò, che si era trovata in difficoltà economiche. Il giro di prestiti, con interessi fino al 300 per cento, in sette anni si sarebbe aggirato attorno ai due milioni di euro. Era stato sequestrato un quaderno nel quale il legale aveva annotato il movimento di soldi.

A Brescia tre arresti nell’Operazione Principe, sequestro di beni e denaro per due milioni e mezzo di euro, più la metà di una villa a Torbole Casaglia. «L’organizzazione - annota Sos Impresa - si nascondeva dietro un insospettabile carrozziere». Venivano praticati tassi del 500 per cento annuo e i debiti delle vittime passavano quindi da 100mila euro a 500mila, solo per gli interessi.

Curiosa un’altra situazione: un mediatore dell’usura. «A Bergamo, non era il classico usuraio che investiva i propri soldi in un giro di strozzinaggio l’uomo sessantacinquenne arrestato nell’ottobre 2008, ma proprio un intermediario dell’usura. L’uomo metteva in contatto persone con a disposizione una certa liquidità depositata in banca con imprenditori o cittadini che avevano bisogno di soldi». Per l’intermediazione percepiva una parte degli interessi usurai da lui stessi fissati (in alcuni casi fino al 600 per cento).

Era invece un’organizzata azienda a conduzione familiare quella che a Brembate di Sopra, il paese della Bergamasca legato alla tragedia di Yara Gambirasio, vedeva alla guida un ultrasettantenne che non svolgeva alcuna attività lavorativa ma che risultava proprietario di numerosi appartamenti. «Insieme a parenti ed amici, in totale nove persone, prestava soldi a persone che ne avevano bisogno. A garanzia, si facevano firmare dalle vittime una scrittura privata che praticamente permetteva agli aguzzini di diventare proprietari delle loro case». Gettata la maschera dei benefattori, gli strozzini svelavano il loro vero volto e iniziavano a martellare le vittime con richieste di interessi sempre più alti. Di fronte all’impossibilità di pagare, le persone bisognose venivano private della casa.

di Gabriele Moroni

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