Milano, 20 novembre 2012 - Da una parte un disegnino con gli omini, come in prima elementare, per rappresentare lo schema di relazioni all’interno di un istituto scolastico. Esito: promosso, meritevole di diventare preside. Dall’altra, l’indicazione delle esperienze formative di un istituto professionale alberghiero descritte a menadito. Voto: 29/trentesimi, poi la promozione. All’alba della riunione del Consiglio di Stato per decidere il destino del concorso presidi, sospeso dal Tar lo scorso luglio perché le buste contenenti i nominativi erano troppo trasparenti, Il Giorno è venuto in possesso di due elaborati svolti dai candidati ritenuti idonei dalle commissioni. E in attesa della sentenza di Palazzo Spada.
Il Tar quattro mesi fa aveva accolto il ricorso di un centinaio di candidati esclusi dalle prove orali, perché riteneva «necessario garantire l’anonimato delle prove concorsuali». Le buste trasparenti avrebbero contraddetto questo principio. In più, l’organo giudiziario amministrativo affermava come «il candidato, dopo aver svolto il tema» non doveva «apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno».
I due elaborati in possesso del Giorno si riferiscono alla seconda prova, l’analisi di un caso di bullismo. Nel primo si nota alla fine di un testo scritto, uno schemino indicante il legame tra gli omini-docenti, gli omini-bulli e all’omino-preside. Ci sono anche gli omini della vittima e gli omini-famiglia, insieme agli omini-servizi sociali. Un disegnino che i commissari hanno ritenuto, insieme al testo, meritevole della promozione e del passaggio all’orale. E non in contrasto con il principio di anonimato.
«Le commissioni ci avevano sempre raccomandato di non lasciare nessun segno riconoscibile, neanche un disegno», assicura uno dei candidati ricorrenti. Nell’altro elaborato, il candidato indica per filo e per segno le esperienze formative di un istituto alberghiero per prevenire casi di bullismo. «Un nostro collega è stato bocciato per avere indicato soltanto il paese della scuola dove lavora, senza neanche il nome – continuano i ricorrenti – Ma le regole non devono valere per tutti?».
Il Consiglio di Stato oggi comincerà ad analizzare il caso. I ricorrenti contestano anche i tempi di correzione delle due commissioni, accelerati con il passare dei mesi («anche 68 prove al giorno, elaborati di 6-8 pagine ciascuno») e la composizione delle stesse.
di Luca Salvi
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