Milano, 24 novembre 2012 - La Polizia e l’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria ha eseguito in queste ore 23 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti affiliati alla cosca Bellocco di Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, in Lombardia e in Svizzera. Vengono contestati, a vario titolo, delitti di associazione mafiosa, detenzione di armi, rapine, intestazione fittizia e altri. Gli inquirenti hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari e sequestrando beni e aziende per 2,5 milioni di euro. L’inchiesta è condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria con la Procura di Palmi, in collegamento investigativo con la Dda di Milano e la Procura federale svizzera della sede di Lugano.
Nel corso del blitz è stata sequestrata la Blue Call, l'azienda che gestiva call center e che sarebbe stata infiltrata dalla cosca della 'ndrangheta dei Bellocco, come si legge legge in una nota firmata dal procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati. ''L'azienda, che fino a poco tempo addietro occupava circa mille dipendenti - si legge nel comunicato - è sottoposta a sequestro per decreto emesso dal tribunale di Milano, sezione Misure di Prevenzione''.
Nel comunicato si legge che nell’ ambito del filone milanese dell’inchiesta sono finite in carcere 12 persone (14 gli arresti in totale). I reati contestati nel filone della Dda milanese sono quelli di intestazione fittizia di beni, estorsione aggravata e procurata inosservanza di pena e sarebbero stati commessi tra il 2011 e il 2012. Tutti i reati sono aggravati dalla finalita’ di favorire l’associazione mafiosa.
IL CALL CENTER - "L’indagine - si legge nel comunicato - condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Gico della Gdf di Milano, ha consentito di fare luce su alcuni interessi patrimoniali della famiglia Bellocco in Lombardia e sugli appoggi forniti ai latitanti’’. In particolare, "è emersa l’ infiltrazione della famiglia mafiosa all’interno di un’azienda di call center con sedi operative in Cernusco sul Naviglio (Milano) e Rende (Cosenza)’’. E’ stata sequestrata inoltre anche ‘’una sala giochi sita in Cormano (Milano), e gestita dalla famiglia Bellocco’’.In carcere sono finiti anche due titolari della Blue Call: Andrea Ruffino, nato a Ivrea (Torino) e residente a Vedano al Lambro (Monza), e Tommaso Veltri, nato a San Giovanni in Fiore (Cosenza) e residente a Peschiera Borromeo (Milano).
Anche l'amministratore unico della societa' Blue Call e' finito in carcere Secondo quanto emerso dalle indagini
coordinate dalle Dda di Milano e Reggio Calabria, Michelangelo Belcastro, originario di Cinquefrondi e residente a Bulgarograsso (Como), è stato uno dei protagonisti dell'incontro fissato tra Umberto Bellocco, il commercialista Emilio Fratto e Carlo Antonio Longo sulle trattative per infiltrarsi nella societa'.
CONVINTO DI SPUNTARLA - Andrea Ruffino, titolare della azienda di call center ‘Blue Call’ finito in carcere nell’inchiesta sulla cosca dei Bellecco, era convinto ‘’di potere convivere con la ‘ndrangheta e poi, quando non più utile, di liberarsi di quei ‘merdoni’’’, termine con cui venivano definiti da lui e da altri i presunti boss nelle telefonate intercettate, scrive il gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell’ordinanza di custodia cautelare. Ruffino, così come Tommaso Veltri, altro titolare dell’azienda arrestato, pensavano, secondo il gip, di poter allontanare i presunti boss della ‘ndrangheta ‘’a loro piacimento, pagandoli quattro soldi e dandogli il benservito’’.
Il grande errore, spiega il gip, "è considerare solo degli ignoranti incapaci facili da truffare, gente che invece ha una visione complessiva e una ‘metodologia’ che il Ruffino di turno neanche si sogna’’.
Ci sono volute, si legge ancora nell’ordinanza, ‘’le botte di Longo (un altro degli arrestati, ndr) e un coltello puntato al petto per risvegliare Ruffino. Per fargli capire - chiarisce il giudice - che la sua forza di contrattazione con quella gente era semplicemente pari al nulla, inesistente’’. Per il giudice queste sono ‘’amare considerazioni finali’’ che descrivono ‘’la meritata conclusione di un macroscopico errore di valutazione’’ commesso dagli imprenditori.
La ‘ndrangheta in Lombardia è ormai una ‘’struttura stabilizzata con contatti con il mondo delle imprese e con la politica - ha sottolineato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino -- Da anni ormai non si può più parlare soltanto di infiltrazione ma di una struttura presente e stabile’’.
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