di Luca Salvi
Milano, 23 marzo 2013 — Il Tar la considera trasparente e per questo motivo a luglio aveva annullato il concorso presidi. Il Consiglio di Stato per ora non si è pronunciato, ma in quattro mesi ha avuto bisogno di due periti per confermare o meno il responso del Tar. Stiamo parlando della famigerata busta contenente i nominativi dei candidati. A noi de Il Giorno, venuti finalmente in possesso dell’oggetto del contendere, sono bastati due minuti per valutarne la trasparenza: il nome del candidato è leggibile non solo mettendo la busta in controluce, ma anche quando appogiata sul tavolo. Basta premerla con due dita.
Da martedì Teodoro Valente, l’esperto dell’Università La Sapienza incaricato da Palazzo Spada della verifica dopo la rinuncia di un collega, ha cominciato le prove peritali. Entro il 30 marzo comunicherà il risultato dell’analisi al Consiglio di Stato, la cui sentenza definitiva è prevista per il 30 aprile. Noi de Il Giorno, però, abbiamo voluto vederci chiaro prima dell’esito della perizia, dopo avere più volte nei mesi scorsi raccontato la spasmodica attesa dei 404 candidati che hanno affrontato positivamente le prove e dei 101 ricorrenti che contestano la correttezza delle procedure concorsuali. Sono stati questi ultimi a procurarci il materiale.
L’esame che abbiamo svolto è stato molto semplice: basta prendere la busta di marca Pigna e di tipo Sandy e un cartoncino del peso di 140 milligrammi per metro quadrato. Esattamente i materiali richiesti e acquistati nel 2011 dall’Ufficio scolastico lombardo, in un quantitativo di 3mila unità, per lo svolgimento del concorso. Così abbiamo effettuato la prova: abbiamo scritto nominativi a caso, in diverse dimensioni e con diversi tipi di penne o biro, su alcuni cartoncini. Poi li abbiamo infilati a turno nella busta. In controluce ogni nominativo risultava chiarissimo. Se il documento viene posto sul tavolo, basta appoggiare due dita per far trasparire nome e cognome. Lo stesso esperimento è stato eseguito dai ricorrenti pochi giorni fa. Il risultato (l’immagine qui sopra) è già finito in rete, condiviso dai blog e gruppi Facebook dei candidati, ed è ormai rintracciabile su Google Image.
In questi giorni il direttore scolastico regionale Francesco de Sanctis, che ha più volte ribadito l’appoggio ai candidati idonei, ha concesso un appuntamento a un gruppo di ricorrenti, che voleva spiegare le sue ragioni. Ognuna delle parti è rimasta sulla sua posizione. Salvo interventi dall’alto, il nodo del concorso presidi potrà scioglierlo solo il Consiglio di Stato. Oltre a stabilire che «il cartoncino contenente i dati anagrafici dei candidati risulta agevolmente leggibile, se posto in controluce», la sentenza del Tar aveva altresì affermato che non era «emerso in concreto alcun elemento in grado di avvallare l’ipotesi che la commissione giudicatrice abbia effettivamente violato la garanzia dell’anonimato», ma che bastava «la possibilità astratta di attribuire la paternità degli elaborati», per invalidare le prove scritte. «È un principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza che, nello svolgimento delle procedure comparative, è necessario garantire l’anonimato».
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