di Luca Salvi
Milano, 9 giugno 2013 - Come un canovaccio o un testo teatrale, la vita di Franca continua a rivivere nelle affabulazioni di Dario Fo, a dieci giorni dalla scomparsa. Due giorni fa il Premio Nobel si è commosso davanti al murales dedicato alla moglie su una parete del liceo Agnesi dagli studenti coordinati dal «poeta urbano» Ivan Tresoldi. Con i giovani artisti, l’attore è ritornato a parlare di Franca, «una donna che non era per le parole ma per i fatti».
Dario Fo, anche i giovani rimpiangono Franca Rame…
«Quel murales mi fa grande tenerezza. Molti degli autori probabilmente non conoscono la sua storia, immensa di fatti. Mi sono commosso quando ho visto il ritratto, un’immagine abbastanza recente, tratta da una fotografia. Un murales realizzato con molta abilità e sapienza e poi con tutto quel discorso cromatico, le scritte. Vedere quel suo viso sorridente mi ha ridato una gioia straordinaria. Così come pensare che anche i giovani vengono coinvolti nella memoria di una donna quale Franca era ed è ancora per tanta gente alla quale si è fatta conoscere non tanto attraverso le parole ma i fatti».
Quali fatti ha ricordato a quei giovani?
«Che Franca ha partecipato alla nascita di centri per le donne, per i ragazzi, molti dei quali erano ammalati di quel morbo terribile che era, e ancora oggi è, la droga, e poi del suo lavoro nelle carceri. Franca era la persona forse più conosciuta in Italia dentro le carceri e fuori, dalle famiglie. In tutte le situazioni di disordini, di aggressività da parte delle guardie carcerarie, di massacri o pestaggi, lei aveva sempre il coraggio e la forza di arrivare a testimoniare quello che stava succedendo».
Come agiva?
«Franca aveva impiantato l’organizzazione “Soccorso rosso” che era composta da un centinaio di avvocati che intervenivano ad aiutare e difendere chi veniva arrestato per “atti di vandalismo”, come li chiamava la polizia. Questi “atti di vandalismo” altro non erano che le occupazioni delle fabbriche, delle scuole... erano le lotte per la dignità degli individui a portare queste persone in carcere. Qualche giorno prima che morisse, abbiamo fatto il calcolo: lei era stata dentro e aveva preso posizione su almeno 120 carceri italiane. Ed era riuscita a fare cacciare dei dirigenti di carceri che erano veri e propri criminali».
Il funerale ha suscitato molta partecipazione…
«Mi ha impressionato tutto questo affetto. Franca non parlava mai di queste esperienze che la gente ricorda nei minimi dettagli. Sono venuti gli operai della fabbrica di bicchieri fuori Milano, che avevano occupato perché i capi volevano chiuderla. E loro erano rimasti senza stipendio. Noi in quel periodo dovevamo recitare a Bologna e Franca voleva aiutarli. Uno di loro aveva comprato 10mila bicchieri a basso prezzo per mettersi in proprio. Franca glieli compra, li portiamo al Palazzetto dello Sport e lei spiega al pubblico la situazione. Alla fine del primo atto Franca esorta: “Chi ha comprato i bicchieri li sollevi davanti a sé”. Non si vedeva più il pubblico. Li avevamo venduti tutti e garantito qualche mese di stipendio a quegli operai. A salutare Franca sono venuti i licenziati dell’Alfa Romeo e le mamme del Rubattino. Dopo un appello di Franca su Radio Popolare per le famiglie Rom sgomberate da via Rubattino, erano accorsi molti cittadini con i materassi sui tetti delle auto. Franca diceva sempre: “Toglietemi il libretto degli assegni o non lasciate denaro in giro che sennò lo adopero subito per chi ne ha bisogno”».
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