Milano, 8 maggio 2014 - Più sì che no. Le quotazioni di Alexander Pereira sembrano in rialzo rispetto a qualche giorno fa. Ed è indubbio che il passare delle settimane (le prime ricostruzioni della stampa austriaca risalgono a inizio aprile) stia giocando a vantaggio del sovrintendente della Scala in pectore, finito sotto accusa per l’acquisto di sette opere (quattro per il teatro più tre per l’Accademia) per il valore complessivo di 710mila euro dal Festival di Salisburgo che lui stesso dirigerà fino all’estate: pare allontanarsi, tanto per intenderci, l’ipotesi del siluramento immediato, più probabile una punizione economica.
Se ne è parlato anche ieri nel corso del vertice romano tra il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, e il sindaco Giuliano Pisapia, presidente del Piermarini: chi attendeva novità di rilievo è rimasto deluso, il numero uno del Mibact si è limitato a dire che la scelta finale spetta al Cda; solo dopo le modifiche allo statuto dell’ente lirico-sinfonico, infatti, l’ultima parola passerà al Governo, come prevede la riforma Bray. Quindi, il redde rationem è confermato per lunedì mattina: dopo la ratifica del bilancio 2013 (in pareggio) da parte dell’assemblea dei soci, i consiglieri si confronteranno definitivamente sul caso Pereira. Anche perché gli elementi per decidere ci sono tutti: dalla difesa scritta dell’ex dirigente Olivetti allo scambio di corrispondenza (su carta intestata) con i vertici della kermesse d’Oltralpe per finalizzare l’affare, fino alla «lunga chiacchierata con Helga Rabl-Stadler (presidentessa della rassegna estiva, ndr)» che ha schiarito «le idee» a Pisapia.
Alla fine, però, non dovrebbe cambiare nulla: Pereira, con buona pace della Regione («Ne chiederemo la sostituzione, abbiamo espresso preferenze e nomi» rigorosamente italiani, ribadisce l’assessore Cristina Cappellini), salverà il posto. Per vari motivi. Uno: troppo complicato trovare un sostituto all’altezza (Sergio Escobar in pole position) a poco meno di un anno dall’inizio dell’Esposizione universale. Secondo: l’eventuale cacciata, con inevitabili strascichi al veleno tra le parti, non farebbe che ingigantire una figuraccia internazionale dalle proporzioni già ragguardevoli. Insomma, verrà privilegiata la continuità.
Non senza conseguenze sul portafogli del diretto interessato. Sì, perché, partendo dall’ipotesi che, sostengono alcuni, la palese violazione delle clausole previste dall’accordo di consulenza tecnica sia compatibile con una procedura di licenziamento per giusta causa, il board di via Filodrammatici potrebbe optare per una decurtazione una tantum sul futuro stipendio di Pereira (che si aggirerebbe secondo indiscrezioni sui 450mila euro lordi, 600mila come costo aziendale). Oppure su una riduzione della durata del contratto di lavoro (attualmente cinque anni), con possibilità di proroga dopo una verifica intermedia. Solo idee per adesso. Ma una cosa è certa: l’austriaco non se la caverà con una tirata d’orecchi.
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