Milano, 10 giugno 2014 - Laddove ieri correvano i treni, domani crescerà l’erba. Non senza indulgere al romanticismo, può essere sintetizzato anche così l’accordo tra il Comune di Milano e le Ferrovie dello Stato per la riqualificazione delle stazioni dismesse o in via di dismissione che scandiscono la cintura periferica della metropoli. Un accordo che sotto la Madonnina si attendeva da ben 9 anni: l’inizio della trattativa risale addirittura al 2005, quando il primo cittadino era l’azzurro Gabriele Albertini. E di rinvio in rinvio, poco ci è mancato che saltasse tutto: l’ultima data utile per chiudere l’intesa sarebbe stata quella del 31 dicembre 2014, quando sulle aree degli scali sarebbero infine piovute le norme del nuovo Piano di Governo del Territorio con tanti saluti a un decennio di carte, tavoli, scontri e incontri. Così però non è stato.
L’accordo ora c’è e fissa una volta per tutte quale debba essere il futuro delle sette stazioni ferroviarie di Milano non più in uso o, a seconda dei casi, destinate a essere ridimensionate ed escluse dalle principali rotte su ferro. Si tratta degli scali Farini, Porta Romana, Porta Genova, Lambrate, Greco, Rogoredo e San Cristoforo. Chi si prendesse la briga di procurarsi una cartina di Milano e provasse a unire con una matita i vari scali, otterrebbe una circonferenza, sia pur imperfetta, che racchiude le storiche periferie della città. Un pezzo di Milano grande, nel complesso, 1,2 milioni di metri quadrati. Che fare di tanto spazio? Ecco, ora, l’accordo tra Comune e Ferrovie. Solo 200mila metri quadrati di terreni resteranno vincolati a funzioni ferroviarie. Il milione che resta sarà equamente suddiviso tra edilizia residenziale e housing sociale (500mila metri quadrati) e verde (altri 500mila metri).
Nel dettaglio, Palazzo Marino stima di poter consegnare, grazie a questo accordo, 2600 alloggi convenzionati e ha già incassato il supporto di Cassa Depositi e Prestiti, interessata a investire nella parte di aree destinate proprio all’housing sociale (156mila metri quadrati in tutto). Ma il coté decisamente più suggestivo dell’intesa è quello che riguarda il verde. In cantiere c’è un grande parco urbano che unisca, dritto per dritto, le stazioni di Porta Romana e San Cristoforo per un totale di 130mila metri quadrati di terreno. In questo caso i binari resteranno in attività, ma intorno a essi, lungo tutto il tragitto tra i due scali e una volta stabilite le necessarie distanze di sicurezza, saranno create delle vere e proprie oasi naturalistiche. «Rotaie verde», questo il nome del progetto, vede coinvolte, accanto all’amministrazione comunale, anche associazioni quali il Wwf e la cooperativa Eliante. Non si parte da zero, tutt’altro. L’idea prende spunto dalla «Promenade Plantée» di Parigi, dalle «Oasi Urbane» di Londra e, soprattutto, dal parco newyorchese «The High Line», inaugurato già nel 1999 e ricavato proprio lungo una linea ferroviaria in voga negli anni Trenta e poi caduta in disuso.
Mutuare queste esperienze a Milano non sarà semplice, ma il Comune ha già avviato la ricerca di un partner esterno disposto a cimentarsi nell’operazione e può contare sulla Fondazione Cariplo disposta a farsi carico di una parte degli investimenti non appena lo studio di fattibilità in corso stabilisca il costo dell’intervento. Decisivo, per la chiusura della trattativa, l’accoglimento, da parte delle Ferrovie, della richiesta del Comune di usare i 50 milioni di euro di plusvalenze generati dall’accordo per riqualificare le stazioni esistenti e per crearne di nuove, anziché reinvestirli in nuovi treni.
giambattista.anastasio@ilgiorno.net
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