Milano, 1 febbraio 2018 - Dovrà scontare sette anni e due mesi di reclusione per truffe, ricettazione e bancarotta fraudolenta. Carpiva la fiducia di ignari risparmiatori, società e banche col miraggio di investimenti redditizi maneggiando soprattutto fondi d’investimento e veicoli.
Peccato che, arraffati capitali e beni, che venivano inghiottiti da società - di fatto scatole cinesi create ad hoc - secondo le accuse spariva senza lasciare tracce: nell’arco di 10 anni è riuscito a mettere da parte circa 9 milioni di euro finiti chissà dove, raggirando circa 150 persone soprattutto nel Lecchese e nel Comasco. Paolo Magnani, commercialista bergamasco di 47 anni, è stato arrestato dai carabinieri della sezione Catturandi guidati dal capitano Marco Prosperi. Una storia che ricorda quella del film “Prova a prendermi”, con Leonardo Di Caprio protagonista. Ma niente lusso né bella vita per Magnani, che viveva come un eremita in un rifugio nei boschi di Merate, in provincia di Lecco, insieme ad alcuni cani ciechi. Senza profili social e senza contatti con la famiglia: né coi genitori, che lo avevano «ripudiato», e neanche con moglie e figli che si erano dissociati dal suo modo di vivere.
Il telefono cellulare? Se proprio ne aveva bisogno, ne acquistava uno da 20 euro, con ricarica da 5. E dopo la telefonata si disfava di tutto. A stanarlo sono riusciti i carabinieri, a caccia di questo «fantasma» da mesi (la pena è diventata definitiva lo scorso 7 novembre, col rigetto del suo ricorso in Cassazione). Appostamenti di ore sotto case e società non hanno portato a nulla. La svolta è arrivata da una conversazione carpita dai carabinieri, durante la quale uno dei suoi «amici» (sulla rete che gravitava attorno all’uomo ci sono indagini ancora in corso) avrebbe detto a un altro, a proposito di una riunione che si sarebbe tenuta in un palazzo a Monza: «Verrà anche il nostro amico, quello che si intende di banche».
Alla riunione, Magnani si è presentato entrando dal retro e senza documenti addosso. Ma uscendo non è sfuggito ai carabinieri, che lo hanno poi controllato in stazione. Capelli lunghi, abiti malmessi, piglio da boscaiolo. «Vi state sbagliando, non sono Paolo Magnani», la reazione iniziale. Per poi ammettere la sua vera identità, messo alle strette. «Io sono bravo con le banche», ha detto in caserma. E lo era sul serio: si presentava come commercialista esperto di investimenti, sapeva ammaliare gli interlocutori, peraltro solo al telefono. Perché non era lui a trovarsi faccia a faccia con le persone ma agiva come mente, dominus occulto, per poi passare all’incasso. «Una persona che colpiva soprattutto i più deboli, della fascia del ceto medio. Anche anziani», sottolinea il capitano Prosperi. Ma pure direttori di banca gli davano fiducia, e gli concedevano prestiti.