
Passeggiata sotto le stelle lungo il viale principale di Expo il Decumano
Milano, 4 agosto 2015 - Al giro di boa dell’Esposizione universale scatta la rincorsa per definire il programma di smantellamento dei padiglioni. Mentre si studia il progetto da insediare nel milione di metri quadri del sito dopo l’evento, in parallelo tocca mettere nero su bianco il piano del cantiere che scatterà dal primo novembre. Un dossier che per la Cgil di Milano va completato a stretto giro, tanto che i vertici del sindacato hanno messo in agenda una serie di incontri ad agosto con gli enti coinvolti nella partita: il Comune di Milano, la Prefettura, Expo spa e Arexpo, la società che ha in pancia i terreni dove si svolge l’evento. «Vogliamo capire i tempi e le modalità su cui si stanno muovendo per lo smantellamento del sito», spiega Antonio Lareno, responsabile Expo per la Camera del lavoro milanese.
La fase di demolizione si preannuncia complicata tanto quanto la costruzione. Gli oltre quaranta Paesi che hanno un proprio padiglione lavoreranno in tandem con la cabina di regia che si occuperà di smantellare le strutture che fanno capo a Expo, dalle aree di servizio ai cluster. «È la gran parte del sito», avverte Lareno. Tanto che il primo interrogativo che pone la Cgil è: chi decide come pianificare il cantiere? È una delle domande che ieri Lareno e Graziano Gorla, segretario della Camera del lavoro di Milano, hanno posto al tavolo a Palazzo Marino con Gianni Confalonieri, commissario delegato del Comune per Expo, e l’assessore al Lavoro, Cristina Tajani. Questioni che il sindacato è pronto a riproporre ai vertici di Expo spa, che incontrerà domani.
La seconda criticità è la sicurezza del cantiere. L’allarme era già arrivato dalle Asl: la demolizione rischia di essere più pericolosa della costruzione, che al contrario, si è rivelata un modello (89 gli infortuni registrati dal 2011 al 30 aprile 2015). «Mentre il montaggio viene affidato a personale specializzato, nello smontaggio si resta più bassi», insiste Lareno. C’è poi da riattivare il sistema di controlli di legalità, in un cantiere dove tra le attività più frequenti ci sarà il movimento terra, uno dei settori più inquinati dalla criminalità organizzata. E ancora: va definito il costo e il programma di classificazione dello stato di salute dei terreni, promossi temporeaneamente per costruire palazzi destinati ad essere smantellati. Tuttavia, per un progetto definitivo come è quello del dopo Expo, devono essere analizzi e classificati di nuovo.
«A nostro avviso c’è anche un nodo occupazionale – aggiunge Lareno – e cioè ricollocare per lo smantellamento le 200 persone circa in organico a Expo per il cantiere costruzioni, che hanno dato buoni risultati». Ossia una squadra di ingegneri e tecnici che conoscono il sito nel dettaglio. Infine c’è da scrivere il destino di alberi, attrezzature, arredi e strutture come il campo base. «Una ricchezza già ammortizzata», spiegano dalla Cgil, che li vorrebbe destinare a scopi benefici. Trattative in corso sarebbero già aperte con il padiglione del terzo settore, Cascina Triulza, che resterà aperto dopo Expo.
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