Milano, 11 giugno 2015 - La schermaglia andava avanti da settimane dietro le quinte, a botte di fax e raccomandate. Da un lato nove imprese italiane, che hanno partecipato alla costruzione del padiglione russo all’Expo di Milano, dall’altro gli organizzatori per conto di Mosca e nel mezzo un conto in sospeso di un milione di euro. Finché ieri, mentre i riflettori erano puntati sulla visita del presidente russo Vladimir Putin e del premier Matteo Renzi, il contenzioso è venuto alla ribalta. Le società italiane – Catena Services, Coiver Contract, Ges. Co. Mont, Idealstile, Elios Ambiente, Mia Infissi, Vivai Mandelli, Sech costruzioni e Sforazzini – si dicono pronte alle vie legali, con una denuncia penale, un’azione civile per quantificare i crediti maturati, fino all’ipotesi di chiedere il sequestro del padiglione. Dalla barricata opposta, la società Rt-Expo srl, a cui Mosca ha affidato la gestione della propria presenza all’evento milanese, e Rvs Holding srl, che ha avuto in appalto i lavori per conto della prima e a sua volta ha firmato i contratti con i subappaltatori, lamentano un padiglione «incompiuto e difettato» e per questo si rifiutano di saldare il conto.
Lo scorso marzo, nella staffetta a perdifiato per consegnare il maxi-cantiere dell’Esposizione, il palazzo della Russia era uno dei sorvegliati speciali degli organizzatori. «Tutti sanno le difficoltà di quei giorni – rievoca Gianmaria Di Bartolo, amministratore delegato della Coiver Contract –. Expo ha potuto approvare il progetto finale solo a metà marzo, ma il padiglione è stato consegnato per tempo». Il primo maggio la Russia apre i battenti e in pochi giorni la grande volta specchiata diventa uno dei soggetti più fotografati. «Allora noi avevamo già dei pagamenti in arretrato», spiega Di Bartolo. Le imprese sollecitano il saldo, ma affermano di non aver ricevuto alcuna risposta fino al 30 maggio, quando Rvs Holding spedisce alle nove aziende raccomandate a tappeto, in cui denuncia che «a tutt’oggi il padiglione risulta incompiuto e inagibile», per «un terzo dello spazio espositivo», di conseguenza l’appaltatore comunica la «risoluzione del contratto» e «protestati tutti gli ingenti danni causati dal vostro comportamento». Alessandro Cesca di Sech Costruzioni replica che «si tratta di contestazioni generiche, confuse e spesso non pertinenti con il lavoro realizzato dalle imprese coinvolte». Di conseguenza, le nove aziende si sono alleate e ora minacciano l’azione legale. «A tutti i partner che hanno assolto agli obblighi contrattuali i conti sono stati tutti pagati. Altre questioni verranno risolte nel quadro delle relazioni contrattuali esistenti», è la la risposta a stretto giro dei responsabili del padiglione russo, che ha superato le 443mila visite nei primi 40 gioni di apertura.
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