Luca Zorloni
Cronaca

Expo, il padiglione non è stato ancora saldato. Costruttori italiani contro la Russia: «Siamo pronti al sequestro»

Le nove aziende italiane costrette anche a licenziare

Il padiglione della Russia è uno dei più fotografati per via della facciata a specchio che accoglie i turisti (Newpress)

Il padiglione della Russia è uno dei più fotografati per via della facciata a specchio che accoglie i turisti (Newpress)

Milano, 12 settembre 2015 - Il conto da un milione di euro è ancora aperto. Manca un mese e mezzo alla fine di Expo e le aziende che hanno partecipato alla costruzione del padiglione della Russia non hanno ancora ottenuto il saldo da parte dei gestori incaricati da Mosca. A giugno i russi avevano lamentato un risultato finale «incompiuto e difettato», sospendendo i pagamenti. Tuttavia la perizia del Tribunale di Milano, dove il contenzioso è approdato nel frattempo, dimostrerebbe che le opere sono state eseguite a regola d’arte e che le contestazioni sarebbero circoscritte a 40mila euro di interventi su un totale di 7,4 milioni di euro. Il documento è ancora in bozza e sarà depositato settimana prossima, ma le imprese italiane coinvolte promettono già battaglia: sono persino pronte a chiedere il sequestro preventivo del padiglione. «Noi ci appelliamo direttamente alla Federazione russa perché ci aiuti a risolvere questa situazione», scandisce Alessandro Cesca della trevigiana Sech Costruzioni, alla guida del gruppo di subappaltatori. Alcuni lamentano di aver dovuto tagliare il personale o di aver chiesto prestiti in banca per far fronte all’improvviso buco nei conti. «A noi devono 406mila euro – spiega Cesca –, abbiamo dovuto fare una ristrutturazione aziendale. Avevo 47 dipendenti, siamo rimasti in 21». «Devo pagare i 31mila euro di vitto e alloggio per gli operai sistemati nel campo base di Expo», aggiunge Mauro Carminati, della Ges.Co.Mont di Caravaggio nella Bergamasca.

Facciamo un passo indietro. A febbraio la Russia è uno dei Paesi più indietro nella costruzione del proprio padiglione all’Expo. I gestori decidono per una maxi-variante di progetto, che stravolge gli assetti interni. Dell’organizzazione si occupa la società Rt-Expo srl, che a sua volta incarica dei lavori Rvs Holding srl. È quest’ultima a stipulare i contratti con i subappaltatori, tra cui nove imprese venete e lombarde: Catena Services, Coiver Contract, Ges.Co.Mont, Idealstile, Elios Ambiente, Mia Infissi, Vivai Mandelli, Sech costruzioni e Sforazzini. Nonostante la marcia a tappe forzate, la Russia riesce a inaugurare il proprio padiglione il primo maggio. Tuttavia, affermano le aziende, al sollecito del saldo gli organizzatori non rispondono, fino a una lettera del 30 maggio in cui contestano un palazzo «incompiuto e inagibile» e comunicano «la risoluzione del contratto». Dieci giorni dopo, mentre il presidente russo Vladimir Putin visita il sito di Rho-Pero, il caso viene a galla e sfocia in una causa civile al Tribunale di Milano. «La vicenda si sta risolvendo nelle apposite sedi legali, non commentiamo», è la risposta dietro cui si trincera lo staff russo. Tuttavia, a sentire gli imprenditori italiani, il contenzioso è ancora in alto mare. I gestori hanno cercato di chiudere la partita proponendo sconti a doppia cifra sulla somma dovuta, ma al momento solo la milanese Coiver ha accettato. «Noi avevamo una commessa da 650mila euro – chiosa l’amministratore delegato Gianmaria Di Bartolo –, ma abbiamo lasciato giù uno sconto doloroso».

Le altre insistono nel muro contro muro, ma il timore è che dopo il 31 ottobre le società legate a russi diventino irreperibili. «A noi devono 195mila euro – incalza Carminati di Ges.Co.Mont –. Ce ne hanno dati 95mila, dei restanti ce ne hanno proposti 45mila. Non sapevo se incassare». Gli imprenditori hanno preso carta e penna e scritto ai diplomatici russi di stanza a Milano e Roma, senza risultato. Regione Lombardia ha tentato una mediazione e ora il fascicolo è anche finito sulla scrivania del commissario generale di Expo, Bruno Pasquino. I suppaltatori, tuttavia, sono pronti a giocare la carta più estrema: il sequestro del padiglione.

luca.zorloni@ilgiorno.net

Twitter: @Luke_like