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"Ritardi e caos: riforma Sanità a rischio"

L’allarme di Carlo Borghetti consigliere regionale del Pd: "Metà dei dipendenti dell’Asl Milano 1 dietro la scrivania, in 200 per gli ex distretti di Rho, Garbagnate e Corsico"

Una corsia d'ospedale (Spf)

Milano, 3 aprile 2016 - A Milano è l’hinterland la frontiera della riforma della sanità. Dal 1° gennaio, quattro Asl (Milano città, Milano 1, 2 e Lodi) sono confluite in una mega Agenzia di tutela della salute (Ats) Metropolitana, che copre 195 comuni e tre milioni e mezzo di cittadini. Ai quali non erogherà più i servizi delle ex Asl che – dai Sert ai consultori, alle stampelle da distribuire a chi ne ha bisogno – stanno passando alle nuove Asst, Aziende socio-sanitarie territoriali basate nei grandi ospedali. Dappertutto tranne a Milano città: si è scelto di procedere a due velocità, rimandando la transizione del più complesso capoluogo (ha quattro Asst, compresa la mastodontica Sacco-Buzzi-Fatebenefratelli da 750 mila assistiti). Chi sta testando l’«integrazione ospedale-territorio» per ora è la provincia.

E «sono preoccupato, la mancanza di lungimiranza e di una regìa politica della Regione si sta traducendo in disservizi», denuncia Carlo Borghetti, capodelegazione del Pd in commissione Sanità, dopo aver raccolto lamentele di cittadini e addetti ai lavori nel suo territorio. Che è quello dell’ex Asl Milano 1, oggi presidiato da due Asst: la Rhodense, con base al Salvini di Garbagnate, e la Ovest Milanese, a Legnano. «Pensiamo alla divisione del personale dell’ex Asl: è passato all’Asst solo chi stava sul campo, ad esempio a distribuire i farmaci. Mentre chiunque fosse dietro una scrivania è andato all’Ats: seicento su 1.200 dipendenti, a fronte di 300 all’Asst Ovest e altrettanti alla Rhodense. Di questi ultimi, cento sono alla Rsa Pertini; ne restano duecento per garantire quel che erogava l’ex Asl, mentre in tremila fanno funzionare gli ospedali. Si rischia di avere un’Agenzia ipertrofica a fronte di aziende sottorganico rispetto ai nuovi compiti. Meno male che questa riforma doveva rafforzare i servizi sul territorio».

La colpa, secondo Borghetti, è della «fretta che ha avuto il governatore Maroni nel fare la riforma, e ora si sconta con i ritardi nella sua attuazione: siamo ad aprile e la Regione non ha ancora approvato le linee guida per i Poas». Sono i piani di organizzazione aziendale, ribattezzati in «strategici» ma allo stato assenti, per il 2016. «Così le Asst navigano a vista, senza conoscere i budget proprio quando devono implementare servizi nuovi». Non solo: «Aspettiamo dalla Giunta anche le linee guida per costituire le conferenze dei sindaci: il luogo in cui i Comuni e la nuova sociosanità si devono parlare per programmare i servizi sociali che ciascuno eroga». Il consigliere pd chiede a Maroni «di farsi da parte e nominare un assessore al Welfare. Perché anche se questa riforma non ci piace, i ritardi e gli errori nell’implementarla rischiano di diventare problemi per i cittadini. E ottenere il contrario di quel che si voleva, indebolendo il servizio sanitario sul territorio».

di GIULIA BONEZZI