di Giulio Mola

Milano, 17 maggio 2012 - Neppure la conferma della radiazione inflittagli dalla giustizia sportiva italiana lo ha scoraggiato. Dopo sei anni passati nei tribunali e negli studi degli avvocati, Luciano Moggi torna seriamente al lavoro. E' vero, nell'ultimo lustro il suo cellulare è sempre stato "caldo", tanti presidenti e direttori sportivi hanno continuato a chiamarlo per chiedergli consigli e tanti allenatori sono stati (ben) consigliati su panchine dove sedersi. Ma adesso l'ex dg della Juventus ha trovato altri lidi (e altri mercati) dove poter far valere le proprie capacità e conoscenze.

E così ha incoraggiato e spinto il figlio Alessandro (pure lui uscito a testa bassa da calciopoli) a rimettere insieme i cocci della Gea (una sorta di impero del calciomercato, con oltre 150 calciatori assititi, ma finita in liquidazione nel 2006). Non in Italia, dove comunque Moggi jr continua ad avere la procura di vari calciatori, Nocerino su tutti (a proposito, ieri l'agente era nella sede del Milan per ridiscutere l'ingaggio del centrocampista), ma a qualche migliaio di chilometri di distanza, a Dubai, nel regno del principe sceicco Khalifa Bin Zayed Al Nahayan.

E' proprio negli Emirati Arabi, da poche settimane, che è (ri)nata la Gea World Middle East. Con Alessandro Moggi in società ci sono anche Riccardo Calleri e Tommaso Bendoni. Il tutto sotto l'abile regia di Lucianone e del fido Mino Raiola. Già, proprio lui, lo scaltro e pittoresco manager di Ibrahimovic e Balotelli. I Moggi hanno allestito una sede su due piani da mille e una notte, il figlio è rientrato in Italia solo per sbrigare alcune pratiche mentre il papà torna a Dubai ogni quaranta gioni. «Sembra di essere a Milano nel periodo natalizio», il suo commento entusiasta.

In realtà Luciano Moggi negli Emirati è una specie di "special guest", e viene trattato da icona del calcio mondiale. E se Galliani sul suo cellulare si vanta di potersi rivedere il gol di Muntari, lo sceicco Marwan Bin Bayat, proprietario dell'Al Wasl, squadra dove allena Maradona, si è messo sul suo telefonino una foto con su scritto «Io sono il Moggi di Dubai». E pare che la cosa non sia affatto una leggenda metropolitana.

Grazie al patto di ferro con Raiola (suo socio in affari da più di due lustri), Moggi padre ha indirizzato il figlio in un'attività che ben presto sarà redditizia. L'idea è di creare contatti e affiliazioni soprattutto in Europa (non necessariamente in Italia), con un lavoro di scouting affidato allo stesso Maradona, ma pure a gente come Zenga e Cannavaro che quei posti li conosce bene, o ad un attento osservatore come Paolo Montero, già bandiera della Juventus targata Moggi. Ufficialmente la Gea World fa sapere che non avrà procure di calciatori, ma ne gestirà l'immagine. Comunque avrà un ruolo importante nell'intermediazione (cosa che fanno la gran parte degli agenti Fifa), ovvero mettere in contatto giocatori scovati in qualche campionato esotico con i club europei, più o meno prestigiosi. Chi vuol fare affari è avvisato.