ENRICO FOVANNA
Cronaca

Basiano, il fratello del maratoneta morto: correrò le prossime Stramilano per lui

Dopo 21 chilometri Fabio Cappello si è accasciato a 10 metri dai soccorsi. Aveva passato i test medici a febbraio

Fabio Cappello, deceduto sul traguardo della mezza maratona alla Stramilano

Fabio Cappello, deceduto sul traguardo della mezza maratona alla Stramilano

Basiano (Milano), 22 marzo 2016 - Poche parole, ma cariche di passione e sentimento: «Vedeva l’arrivo… Ha spinto al massimo come sempre… Dovevamo correre insieme, anche perché gli ho trasmesso io la passione per questo sport… Adesso vi prometto che ad ogni edizione della Stramilano sarò sulla linea di partenza a spingere fino al traguardo, come ha fatto Fabio». Luca Cappello, fratello dello sfortunato maratoneta morto al traguardo della Stramilano, vuole ricordarlo nel modo più degno. E il Comitato organizzatore raccoglie  e rilancia: «Noi dedicheremo a Fabio la prossima edizione e lui correrà per sempre con noi». «È difficile accettare la morte, specie di un giovane». Comincia così, sul sito della Stramilano, il ricordo di Fabio Cappello, il 29 enne di Basiano che, alle 13.13 di domenica, si è accasciato venti metri prima del traguardo della 21 km. A dieci metri dal team medico e dall’ambulanza della Croce Rossa, dotata di defibrilatore.

«I soccorsi - spiega Andrea Alzati, membro del comitato organizzatore - sono stati questione di secondi. È subito accorso anche il medico rianimatore che era sull’ambulanza, ma nonostante il prolungato massaggio cardiaco, tutto è stato inutile, e questa per noi è una tragedia di cui non riusciamo a darci consolazione». «In quella che sembrava una giornata di festa - dice il messaggio di cordoglio sul sito della Stramilano - la morte di Fabio è giunta all’improvviso. Oggi non abbiamo più niente da festeggiare ma piangiamo la scomparsa di un giovane che non sarà più con noi». In tanti, tenuti a distanza per consentire i soccorsi, hanno assistito in diretta ai disperati tentativi di rianimare Fabio. E con il passare dei secondi, l’ineluttabile è diventato una tragica certezza.

Ogni atleta che voglia indossare il pettorale per la mezza maratona, è prassi, deve presentare un rigorosissimo «certificato medico agonistico», e non semplicemente sportivo con la dicitura «atletica leggera».Paradossalmente, se qualcuno ne avesse uno per il triathlon, non potrebbe correre. Un certificato che include tutta una serie di esami al cuore (dall’elettrocardiogramma sotto sforzo, alla spirometria, alle analisi del sangue e delle urine). «Fabio - ricorda Alzati - aveva fatto la visita con i test e ottenuto il certificato a febbraio, quindi circa un mese fa. Purtroppo in alcuni casi il cuore si ferma comunque, senza una spiegazione apparente».

Poi Alzati ricorda: «Come ogni anno, all’ingresso dell’Arena, quindi duecento metri prima del traguardo, ho atteso e applaudito tutti i concorrenti in arrivo. L’ho fatto anche con Fabio, ieri. E dopo di lui mi sono fermato ad aspettare anche l’ultimo, un uomo che ha fatto i 21 chilometri con le stampelle, arrivando in tre ore e venti, fuori tempo massimo. Per me ogni atleta è una persona cara. E grazie alla Croce Rossa sappiamo di avere strutturato una grande macchina per le emergenze. Abbiamo inventato anche i ciclisti con i defibrillatori, per arrivare nelle viuzze prima delle ambulanze. Ma contro il destino cinico siamo in ginocchio».