di Laura Marinaro
Monza, 6 settembre 2012 — La cronaca della nuova decadenza. Così Walter Mapelli, magistrato monzese da vent’anni impegnato in numerose indagini di corruzione, definisce il lavoro appena uscito per i tipi di Bur dal titolo «La democrazia dei corrotti». A diventare «scrittore» il pm ormai noto per aver incastrato Penati e il Sistema Sesto non ci aveva mai pensato, ma quando l’editore e il giornalista di cronaca milanese Gianni Santucci gli hanno proposto di scrivere un libro sull’argomento corruzione, non ci ha pensato due volte.
«Ovvio che non ho molto tempo per scrivere – ha raccontato – ma sono riuscito a ripercorrere parecchie indagini importanti insieme al giornalista da utilizzare poi come esempi concreti per dare veridicità alle nostre valutazioni sulla corruzione e su come combatterla». Come combattere il malaffare italiano dunque? «Di certo la magistratura da sola, con i mezzi che le sono messi a disposizione e con le regole e norme troppo complicate non ce la fa – ci spiega – credo che bisognerebbe partire proprio dalle Leggi e da certe possibilità di aggirarle che il nostro ordinamento penale e amministrativo ha creato».
Una critica dura al Ddl anti corruzione della Severino quella che viene dal magistrato appassionato di finanza e tennis. «Anche in questo tentativo di contrastare la corruzione c’è un vizio originario delle nostre regole – continua – la corruzione presenta mille rivoli e ognuno viene punito in maniera diversa, ma soprattutto quando non si riesce ad incasellare il reato nelle griglie del codice, ancora legato a quello del 1930, non si riesce a andare avanti con la nostra azione; insomma le leggi sono così complicate, liquide e si espandono in così tanti rivoli, che è difficile anche per noi magistrati darne una collocazione precisa e quindi punirli!»
Tutto ciò è evidentemente disarmante, come il quadro che segue e che descrive come è cambiato il malaffare e come si sia trasformato il modo di nascondere, a volte ineluttabilmente, la tangente. Se sperate nel libro di trovare riferimenti alla vicenda che ormai occupa la maggior parte del tempo del magistrato, ovvero il caso Penati, scordatevelo. Non si può parlare di un caso ancora non chiuso. Ma, interessante è la parte che riguarda la concussione che, secondo Mapelli, non dovrebbe esistere ma come nel resto d’Europa si deve parlare di corruzione per induzione e «la vittima, in questo caso, è il privato che denuncia il reato».
Infine le ricette del magistrato: «Semplifichiamo le leggi, ma anche la macchina amministrativa e il Tribunale amministrativo regionale che non entra nel merito, ma dà ragione all’interesse legittimo di chi fa i ricorsi. Insomma è possibile che una città come Milano si fermi perché un privato che ha un parcheggio presenta ricorso e il Tar gli riconosce questo fantomatico interesse legittimo? Ma legittimo perché?». Cosa comporterebbe la novità? «Meno caos amministrativo e di regole, più azione penale – ha concluso – Poi ormai non potendo più arrestare in flagranza al momento dello scambio della mazzetta che non esiste più come prima, i magistrati devono sempre di più agire sul recupero dei patrimoni e dei soldi rubati: anche così si combatte evasione fiscale e corruzione».
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