di Alessandro Crisafulli
Desio, 27 dicembre 2012 - Un manicomio dove scorrono torrenti di birra. Detta così, non suona troppo bene. Addentrandosi nelle viscere della storia, però, ci si accorge che il micro-birrificio Irrenhaus di Desio (il nome significa manicomio, appunto, in tedesco) è un piccolo grande capolavoro di coraggio, intraprendenza, sudore e passione. Firmato da sei «più o meno» giovani brianzoli tra i 30 e i 35 anni, un po’ pazzerelli, capaci di realizzare il sogno che cullavano da ragazzi: «Basta fare i chilometri per cercare nella foto verticale, birre buone in giro per la Lombardia, perché non la produciamo noi e diffondiamo non solo il gusto ma anche la cultura della birra?».
Detto, fatto. Con quindici mesi di grandi sacrifici economici e persino fisici, visto che il capannone spoglio di viale Europa l’hanno interamente completato e rifinito loro. «Guarda qui – dice con orgoglio Piero Claudio, operaio di Varedo – mentre avvia sul computer il filmato con cui hanno ripreso i lavori, tra viavai di camion e materiali scaricati – abbiamo fatto tutto noi, è stata dura, ma dà ancora più soddisfazione». Ognuno ci ha messo del suo, in quanto a competenze. Il geometra (Andrea Lanzani di Nova) ha fatto da geometra, gli operai (oltre a Piero, Marco Lanzani fratello di Andrea) hanno fatto gli operai, e gli impiegati (Paolo Malberti di Desio, Emilio Miceli di Nova e Roberto Sala di Casatenovo) hanno fatto un po’ da coordinatori.
Ovvio, nessuno si è risparmiato e la squadra ha funzionato alla grande. Ognuno ci ha messo del suo, anche a livello economico. «Non ci sono figli di papà e abbiamo fatto grandi investimenti – dicono – solo gli impianti costano 150mila euro, con tutto il resto abbiamo toccato il doppio...». Fino al taglio del nastro del 12 ottobre. «La prima birra spillata è stato un brivido forte – racconta Emilio – un’emozione che non dimenticheremo, anche perchè ci sono stati un sacco di ostacoli burocratici e in certi momenti eravamo scoraggiati».
E quella «bionda» è stato il risultato di un lungo processo, nel laboratorio dietro il locale serale: «Al momento produciamo 5mila litri al mese – spiega Emilio - aderendo alla legge della purezza “Reinheitsgebot” del 1516, la quale impone solo l’utilizzo di acqua, malto d’orzo o frumento, lievito e luppolo. Produrre birra è un processo lungo, appassionante e richiede tanta conoscenza oltre a estro e fantasia». Quattro le varietà prodotte al momento, alle quali si è aggiunta in questi giorni la «Birra di Natale». Per ora, l’intero fiume viene sversato nei boccali dei già numerosi e affezionati clienti del pub, ma c’è già il progetto di rivenderlo al di fuori in fusti e bottiglie. Eppure, nonostante l’ingente investimento da cui rientrare, nelle teste un po’ pazzerelle di questi non più troppo giovani brianzoli c’è spazio anche per l’aspetto educativo e la solidarietà.
«Quando avremo più tempo organizzeremo visite di scolaresche – raccontano – per far vedere come si produce la birra e spiegarne le proprietà, sfatando certe leggende come quella che fa ingrassare». Per Natale, invece, hanno organizzato una vigilia speciale, con l’intero incasso che sarà devoluto a una onlus che raccoglie fondi per realizzare un ospedale un Etiopia. Quella sera bere tanta birra ha fatto certamente bene.
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