Milano, 4 marzo 2014 - 'Ndrangheta in Lombardia, blitz in Brianza. La Polizia di Stato di Milano, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha eseguito numerosi arresti nei confronti di appartenenti alla ‘ndrangheta operante in Lombardia, e in particolare in Brianza. Eseguiti anche sequestri di beni (mobili, immobili e società) del valore di decine di milioni disposti dal gip del Tribunale di Milano, oltre a decine di perquisizioni.
L'inchiesta ha portato all'emissione di ordinanze a carico di 40 persone (21 in carcere e 19 ai domiciliari). Gli investigatori hanno scoperto a Seveso (Monza e Brianza) una vera e propria "banca clandestina", in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell'usura, grazie ad un'ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari. Gli arrestati sono dei presunti appartenenti alla 'Ndrangheta operanti in Lombardia che avevano assunto anche la reggenza della 'locale' di Desio. (Le immagini dell'operazione)
LA BANCA CLANDESTINA - Giuseppe Pensabene (presunto capo del clan) e il suo gruppo criminale, spiega il gip, ''hanno operato come una vera e propria banca clandestina''. Si faceva chiamare "Banca d'Italia", a Seveso, attraverso cui riciclare denaro sporco, non solo esportandolo in Svizzera e San Marino ma venivano anche reimpiegati dall'organizzazione attraverso l'acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione. Secondo gli inquirenti, i membri dell'organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di 'ndranghetisti detenuti.
IL SILENZIO DEGLI IMPRENDITORI - "Nessuno degli imprenditori o commercianti vittima di usura ha mai presentato denunzia all’autorità giudiziaria’’. L’omertà degli imprenditori, spiega il giudice, "si spiega chiaramente se si tiene conto della strategia intimidatoria tipicamente mafiosa, a volte esplicita e sfociata in concrete condotte estorsive, a volte più sottile ed implicita, esercitata dall’associazione mafiosa nei loro riguardi, strategia che ha determinato chiaramente un diffuso clima di soggezione e di omertà per i debitori usurati ed intimiditi’’.In altre parole, osserva il gip, "la presente indagine che si inserisce e costituisce integrazione e sviluppo delle altre rilevanti indagini dirette dalla Dda di Milano sul fenomeno della ‘ndrangheta lombarda rende evidente come tale struttura criminale essenzialmente unitaria risulti essersi infiltrata’’ in taluni settori "strategici della economia nazionale".
PENSABENE E I VOTI - Domenico Zema, ex assessore in un comune della Brianza e uno dei presunti capi della locale di 'ndrangheta di Desio, avrebbe portato ''voti'' a favore dell'ex assessore regionale lombardo Massimo Ponzoni. Lo sostiene in una telefonata intercettata il presunto boss Giuseppe Pensabene. Stando a quanto riferito dall'agenzia Ansa, in una intercettazione ambientale dell'aprile 2010, parlando con un presunto affiliato alla cosca e riferendosi a Zema diceva: "...Ponzoni, Ponzoni ... Lo ha appoggiato forte Zema tutte le amicizie sue, i voti suoi glieli ha dati tutti a questo Ponzoni. Poi hanno litigato''.
ERA CHIAMATO "PAPA" O "SOVRANO" - Dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano, Simone Luerti, emerge il ruolo preminente di Giuseppe Pensabene. La sua presenza "è costante in tutta l'attivita' di indagine, come ideatore, direttore e gestore delle complesse operazioni finanziarie gestite dal suo gruppo criminale. Non soltanto - si legge ancora - viene chiamato 'capo', o addirittura 'Papa' o 'Sovrano' da alcuni degli appartenenti all'associazione mafiosa, ma le sue decisioni vengono sempre accettate e puntualmente eseguite da tutti gli associati''.
LE INTERCETTAZIONI - Il suo ''ruolo di vertice all'interno della associazione mafiosa'' si e' ancora piu' accentuato ''a seguito della dei 170 arresti colegati all'inchiesta Infinito, che nel luglio 2010 inferse un duro colo alla 'ndrangheta in Lombardia. In una intercettazione del marzo 2012 uno dei presunti affiliati ''commentava - scrive il gip - l'atteggiamento calmo ma inflessibile, da vero capo, usato da Pensabene Giuseppe'' in una telefonata ''dicendo: 'ho detto: il picciotto urla, il sovrano risolve, e fa business nel momento di difficolta'
Pochi giorni dopo, il 6 aprile, era lo stesso Sovrano nel suo ufficio di Seveso a spiegare il metodo da utilizzare: infiltrarsi "come polipi" che "si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare". Secondo il giudice Luerti dimostra "come l'associazione mafiosa" guidata da Pensabene aveva cercato anche e soprattutto di penetrare nel tessuto economico per gestire e controllare le piu' svariate attivita' e aggiudicarsi appalti e lavori pubblici nei settori edilizio, dei trasporti della nautica e delle energie rinnovabili.
TENTACOLI A RHO - In un'altra intercettazione finita agli atti, Giuseppe Pensabene afferma: "Per i soldi sono meglio le Poste". Il boss, infatti, per i suoi traffici preferiva utilizzare conti aperti in uffici postali da aziende vicine alla sua organizzazione. In alcuni casi, il gruppo di Pensabene poteva anche contare sulla complicità di alcuni dipendenti delle Poste, come il direttore e il vicedirettore degli uffici di Rho (Milano), entrambi agli arresti domiciliari, che non compilavano mai le dichiarazioni antiriclaggio anche a fronte di prelievi di ingenti somme di denaro.
"Alle poste è meglio perchè possiamo avere subito 100-200mila euro da usare per i nostri affari", dice Pensabene in un'altra conversazione intercettata nel corso delle indagini. A fare notare il fatto che i controlli alle Poste siano stati alle volte meno efficienti sono stati il sostituto Giuseppe D'Amico e il procuratore aggiunto Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa organizzata in questura per presentare l'operazione. "A livello legislativo - ha fatto notare il pm D'Amico - bisogna intervenire perchè Poste Spa è diventata una banca a tutti gli effetti".
ANCHE DIRIGENTI SPORTIVI TRA LE VITTIME DELL'USURA - Ci sono anche il vice presidente esecutivo del Genoa Antonio Rosati (ex presidente del Varese), e il dg della Spal Giambortolo Pozzi tra gli imprenditori finiti nella morsa dell'organizzazione della 'ndrangheta smantellata. Fanno parte di una lunga lista di imprenditori diventati vittime. L'ex presidente della Nocerina è stato addirittura picchiato (lesione alla retina) per indurlo a pagare il debito.
BLITZ ANCHE IN PROVINCIA DI BERGAMO - Tra le persone sottoposte a ordinanza di custodia cautelare in carcere ci sono anche V.C, 41enne nato a Treviglio e residente a Calvenzano, M.M., 49enne calabrese di fatto residente ad Almè, e R.G.S., 30enne nato a Treviglio e residente a Misano Gera d’Adda.
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