Pavia, 9 gennaio 2014 - Se il processo “Infinito” aveva definitivamente confermato che la ‘ndrangheta ha ormai da anni piantato salde radici in Lombardia. Se gli arresti del boss Francesco Pelle, avvenuto a Pavia nel 2008, e di Giuseppe Perre, fermato nell’ottobre scorso a Casorate Primo e accusato di aver favorito la latitanza di due fra i più pericolosi capiclan calabresi, avevano sconvolto gran parte dell’opinione pubblica. Un’altra inchiesta della Procura di Milano potrebbe gettare nuove ombre sulla vita di un’apparentemente tranquilla cittadina del nord Italia come Pavia. Perché anche qui, come purtroppo avviene in molte altre località, si paga il pizzo.

Secondo l’ordinanza firmata dal Giudice per le indagini preliminari Franco Rajnoldi, che ieri ha portato all’arresto di 10 persone, Pavia non sarebbe esclusa dal territorio nel quale la ‘ndrangheta chiede il pizzo. Un ristorante in particolare, situato all’interno di un grosso centro commerciale, avrebbe subito questo tipo di attività estorsiva. I proprietari sono due fratelli che possiedono anche altri due locali e una parrucchiera all’interno di altrettanti centri commerciali ad Assago e Rozzano.

“Uno vuole rivolgersi alla polizia e l’altro la vuole sistemare... uno vuole di qua e un altro vuole di là... adesso gliel’ho detto io, qui prima che si va avanti a “farina e lievito” gli ho detto io: «mi preparo un automatico...» e gli faccio il discorso... e dopo, come vogliono facciamo”. Sono parole che Agostino Catanzariti, 66 anni, fra gli arrestati di ieri, rivolge a Michele Grillo, 66 anni, anche lui arrestato, riferendosi proprio ai due fratelli proprietari del ristorante.

Una conversazione telefonica fatta il 26 aprile 2012 che è stata intercettata dagli investigatori. E se uno dei due avesse deciso di rivolgersi alle autorità? “Io gli sparo nel letto quando ritorna a casa. Dopo vediamo come... dopo vedi che dice: «meglio che mi do da fare qualche ragionamento...» è la risposta di Catanzariti. Grazie a un’altra intercettazione, captata nel pomeriggio dell’11 maggio 2012, gli investigatori hanno accertato che effettivamente il figlio di Agostino, Saverio Catanzariti, 40 anni, anch’egli indagato, a Pavia ci andò per davvero, due volte, il 24 e il 25 aprile 2012.

E lo fece per minacciare i proprietari del ristorante. “Peppe lo ha preso dal collo e gli ha detto: siediti qui che ti devo parlare!”. Così il padre descriveva a Michele Grillo quanto aveva fatto suo figlio con uno dei proprietari del locale pavese. Come si legge nell’ordinanza, “Solo in diversa fase processuale potranno essere utilmente sentiti i fratelli per corroborare o meno l’odierno quadro indiziario, attualmente caratterizzato da elementi di non univoca e sicurissima lettura”. Se il quadro indiziario venisse confermato, però, il timore è che il ristorante citato non sia stata l’unica vittima delle estorsioni.