Lainate, 20 gennaio 2010 - Otto ore di sciopero e presidio di protesta davanti ai cancelli della Amcor Flexibles Italia di Lainate. L’azienda che si occupa di stampaggio e imballaggio flessibile per alimenti lo scorso 11 gennaio ha aperto la procedura di mobilità per 143 dipendenti su 148 e ha annunciato la chiusura dello stabilimento di via Don Sturzo. Una vera doccia fredda per i lavoratori a soli sette mesi dall’acquisizione da parte della multinazionale australiana Amcor dello stabilimento lainatese. Immediata la risposta del sindacale e dei dipendenti che ieri mattina hanno incrociato le braccia, bloccato la produzione e manifestato davanti alla fabbrica per tutta la giornata.
«La direzione ci ha comunicato che intende chiudere questa sede per spostare la produzione in altri stabilmento del gruppo - spiega Renzo Canavesi della Cub - noi riteniamo che questa scelta aziendale sia un attacco ai livelli occupazionali, un modo per scaricare sui lavoratori le scelte manageriali sbagliate della vecchia proprietà. Purtroppo l’azienda non si è dichiarata disponibile a rivedere la sua decisione ma si è mostrata favorevole a intraprendere un percorso di ammortizzatori sociali. Oggi inizia la battaglia in difesa dei posti di lavoro, dobbiamo stare uniti perché ci aspettano mesi di lotta».
Al mattino l’assemblea dei lavoratori: al megafono gli interventi dei rappresentanti sindacali e le testimonianze dei dipendenti. Sui cancelli striscioni di protesta e bandiere del sindacato: «Qui ci sono lavoratori monoreddito con figli a carico che rischiano di trovarsi in mezzo alla strada, questa è un’ingiustizia - spiega Massimo Peccarinesi, delegato sindacale della Slg Cgil - da quando è arrivata la nuova proprietà abbiamo dimostrato di saper lavorare bene e abbiamo aumentato il livello di qualità. Adesso ci ringraziano spostando i macchinari in un altro stabilimento». Lavoratori e sindacalisti si sono organizzati per garantire un presidio permanente, per tutta la giornata. Con loro anche alcuni ex delegati sindacali Cub dell’Alfa Romeo che hanno sulle spalle anni di battaglie, come Pippo Fiorito: «Questa chiusura è il risultato dell’economia globalizzata, ancora una volta si chiudono le fabbriche in Italia per spostare la produzione all’estero». E non si parli di crisi, perchè nella sede di via Don Sturzo, il lavoro non manca: «Qui si lavora anche di notte, di sabato, ci hanno chiesto di fare gli straordinari perfino quando nei capannoni, quest’estate, c’erano quaranta gradi - racconto con disappunto Paolo Sozzi, delegato sindacale Cobas Cub - abbiamo clienti e commesse, ma vogliono spostare tutto in Repubblica Ceca. È assurdo».
Quella di ieri è stata la prima manifestazione. Nei prossimi giorni continueranno le trattative sindacali e le iniziative di lotta: «Chiederemo un incontro con il sindaco di Lainate e poi se necessario sposteremo la protesta sotto le altre sedi istituzionali», dice Gianluca Tomasello, della Fistel Cisl. Macchinari fermi, uffici vuoti. Nell’impiento in piena smobilitazione, i telefoni hanno suonato per tutta la giornata di ieri. La direzione si è tenuta alla larga dalla sede lainatese.
Dipendenti e sindacati stanno valutando l’opportunità di fare un presidio permanente, giorno e notte, per paura di qualche blitz dell’azienda. Oggi si torna in fabbrica ma sui cancelli resteranno bandiere del sindacato e striscioni di protesta per ricordare che i lavoratori della Amcor non hanno intenzione di rinunciare così al proprio posto.
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