Pregnana Milanese, 10 novembre 2011 - «Alla fine di ogni incontro c’era un sospiro di sollievo anche se non avevamo risolto nessun problema». Corrado Mandreoli, segretario della Cgil di Milano, responsabile dell’ufficio politiche sociali, descrive lo stato d’animo dei lavoratori e delle lavoratrici Agile-ex Eutelia, in cassa integrazione da un anno e mezzo, che hanno partecipato al progetto di supporto psicologico. Un progetto voluto dal sindacato che è diventato un laboratorio letterario e presto sarà anche un libro. Impiegati, tecnici e specialisti in informatica rimasti senza lavoro. Con vite devastate. Sofferenze.
Lavoratori che dopo mesi di presidio giorno e notte nella sede di via Ai Laboratori Olivetti, assemblee e manifestazioni di protesta, all’improvviso si sono trovati sul divano di casa. Soli. Da loro e con loro l’idea di un gruppo per dare un aiuto psicologico. «Si, lo faccio. Mi sono detta quando mi è stato proposto. All’inizio ero perplessa, ci sono voluti molti incontri per prendere le misure dei colleghi seduti a fianco a me, poi ho cominciato a parlare, a raccontare anche disagi intimi, questo mi ha aiutato e ha creato una relazione profonda con i colleghi — spiega Paola Fontana, cassintegrata di 46 anni —. Mi è servito anche scrivere perché è stato un modo per rielaborare quello che avevo dentro, per staccare da me il disagio che vivevo».
Tutto è iniziato un anno fa nel capannone abbandonato dove una volta lavoravano migliaia di persone. Oggi sono rimasti solo un centinaio. Ci sono scrivanie vuote e computer con due dita di polvere. «Avevo la necessità di parlare, a 57 anni trovarsi senza lavoro con nessuna prospettiva per il futuro è davvero dura — spiega Alessio Ledda — la lotta ci aveva unito, ma la cassa integrazione ci ha lasciati soli. Mi sono detto, proviamo, il tempo non mi manca, anzi ne avevo fin troppo. E anch’io che ho sempre fatto fatica a scrivere fin dalla scuola elementare ho capito che la scrittura mi poteva aiutare. Adesso i nostri racconti possono servire ad altri».
Anche per il sindacato è stato un banco di prova: «Nelle crisi aziendali ci occupiamo di trovare strumenti per favorire il ricollocamento dei lavoratori senza fare i conti con il disagio psicologico che vivono — aggiunge Mandreoli — pensare di ricollocare una persona senza occuparsi di come sta, non risolve il problema». Qualcuno ha abbandonato il gruppo, altri si sono aggiunti dopo qualche mese, altri ancora sono tornati. Per tutti una nuova prospettiva.
«Quando abbiamo iniziato questo percorso ognuno di noi aveva il suo pacchetto di dolore, il confronto è stato molto importante — spiega Tiziana Crostelli —. La cassa integrazione ha fatto tabula rasa dei ruoli e sono saltati fuori i problemi, oltre al senso di colpa che molti di noi avevano. Nella fase di scrittura chi era più bravo aiutava gli altri, li ascoltava e traduceva nero su bianco il racconto». Anche i più taciturni, quelli che ancora oggi raccontano la loro storia con lo sguardo abbassato, raccontano: «Non avrei mai pensato di condividere le mie sofferenze e mi sono commosso sentendo leggere i loro racconti. Mi è servito per scaricare la rabbia e per trovare la forza per andare avanti».
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