ROBERTA RAMPINI
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"Mio padre, operaio Alfa Romeo, morto per aver respirato amianto"

Parla la figlia di Nicolò Scaffidi, ucciso dal mesotelioma pleurico nel 2011

Il pubblico ministero Maurizio Ascione

Arese (Milano), 24 settembre 2016 - Il 9 novembre l’arringa finale del pm Maurizio Ascione, ad aprile 2017 la sentenza del processo per i morti d’amianto all’Alfa Romeo di Arese. Il giudice della IX sezione penale del Tribunale di Milano Paola Braggion ha definito il calendario del lungo processo contro Paolo Cantarella, ex amministratore delegato Fiat e di altri sei ex manager accusati di omicidio colposo plurimo per le morte di 15 operai che sarebbero stati esposti all’amianto negli anni 80 e 90 senza le necessarie misure di sicurezza. Nel corso della prossima udienza, mercoledì, il pm finirà il controesame dei consulenti Fiat, Canzio Romano e Claudio Colosio. «Periti e consulenti della difesa in questi mesi hanno tentato di negare la presenza dell’amianto in fabbrica dicendo che se alcuni operai si sono ammalati di mesotelioma avevano respirato l’amianto altrove, invece c’era e non hanno fatto nulla per migliorare le condizioni di lavoro - dichiara Patrizia Scaffidi, figlia di Nicolò, ex operaio morto il 28 gennaio 2011 -. Mio papà, che ha lavorato in abbigliamento, montaggio e ha fatto il carrellista girando in tutti i reparti, ha respirato e toccato l’amianto in Alfa Romeo».

L’operaio, come riportato nei fascicoli del processo, è morto a 78 anni per un mesotelioma pleurico diagnosticato nell’ottobre 2010. «Fu drammatico, in quattro mesi la malattia ce lo ha portato via, ha avuto dolori atroci». Nicolò che viveva a Santa Maria Rossa, frazione di Garbagnate Milanese, aveva lavorato nello stabilimento aresino dal 1968 al 1988: in abbigliamento l’amianto era nel cartoncino tra la carrozzeria e la tappezzeria del tetto, nel fondo degli abitacoli oltre che nei cofani, in montaggio la pericoloso fibra era nel cambio, freni e frizioni. E poi, carrellista in giro nei reparti, nei capannoni con tetti in eternit. La figlia dell’ex operaio in questi due anni di processo volutamente ha assistito a poche udienze. «Sono stata ascoltata a settembre dell’anno scorso, è il nostro avvocato che ci tiene aggiornati sul processo». Lei, come i famigliari delle altre vittime, lo Slai Cobas, la Fiom Cgil e la FlmUniti si sono costituiti parti civili: «Siamo fiduciosi, i nostri avvocati hanno fatto un buon lavoro e la documentazione presentata dal pm dimostra quanto abbiamo raccontato in Aula - conclude Patrizia - Noi vogliamo solo giustizia, qualsiasi risarcimento non ci restituirà i nostri familiari».