Milano, 5 febbraio 2016 - Fra lussuose ville e spiagge sempre affollate anche da sportivi italiani alla ricerca di relax, rotola il pallone nella lontanissima Miami. Questo grazie all’intraprendenza di Riccardo Silva imprenditore lombardo di successo (nel settore della distribuzione di diritti televisivi a livello mondiale), il quale da pochi mesi è diventato proprietario del Miami F.C. Squadra affidata a gente di calcio (Paolo Maldini presidente e Alessandro Nesta allenatore) che ha appena iniziato la preparazione in vista del campionato che comincerà fra due messi.
Dottor Silva, come mai si è lanciato alla conquista dell’America?
"Miami Fc è un bel progetto, una squadra giovane ma con grandi potenzialità. Il campionato a cui parteciperemo è la Lega NASL, un po’ più piccola della nota MLS. Però giocano i Cosmos di New York ed una squadra di Portorico, è un torneo che sta crescendo".
Ci racconti i primi mesi da proprietario di un club statunitense...
"Sono molto contento, con Maldini e Nesta si sta facendo un bel lavoro. Abbiamo cominciato la preparazione da due settimane e siamo tutti in attesa del campionato che partirà all’inizio di aprile. Pian piano stiamo mettendo mattone su mattone, considerato che la squadra è stata fondata da zero. Prima l’allenatore, poi i giocatori, adesso c’è un progetto ed un grande entusiasmo".
Immagino che l’intento sia di coinvolgere anche tanti tifosi...
"Certo, lo spero. Abbiamo uno stadio da 20.000 posti, vedremo quale sarà la risposta del pubblico".
Riuscirà a far vedere la sua squadra anche ai tifosi italiani?
"Il mio mestiere è di vendere e distribuire diritti televisivi, cercheremo di arrivare anche in Italia".
Che tipo di investimento economico ha dovuto sopportare?
"Qui va spiegato il sistema. Per entrare nelle Leghe si paga, e non ci sono retrocessioni. Per partecipare alla MLS servono 70 milioni di euro, per la NASL molti di meno. Ma ci sono grandi potenzialità, perché l’interesse dei tifosi è notevole".
Gli obiettivi di questa prima stagione?
"Vincere il campionato NASL e arrivare il più avanti possibile nella Coppa, cui possono partecipare le squadre di tutte e due le Leghe. Mi piacerebbe affrontare avversari superiori che certamente richiamerebbero tanti tifosi allo stadio. E questo è importante perché fra qualche anno a Miami ci sarà anche una squadra di cui Beckham sarà il proprietario. Nel frattempo, però, la nostra è l’unica società di Miami".
Prevede di inserire altri italiani nel gruppo?
"Abbiamo anche Mauro Pederzoli, il direttore sportivo scelto da Maldini. Per quel che riguarda i calciatori c’è qualcuno che conosce bene il nostro campionato, come il centrocampista Matuzalem (ex Verona e Brescia) che per questa Lega è un giocatore di alto livello. Poi abbiamo un nazionale statunitense, il centrocampista Palacios e per star tranquilli in attacco Cvitanich, un bomber argentino di 31 anni che ha segnato 19 reti col Nizza prima di trasferirsi in Messico".
Punterà anche sul settore giovanile?
"E’ una cosa che vogliamo fare, ma partiremo un po’ più avanti. Adesso l’importante è cominciare con la prima squadra".
Lei è un vulcano di idee. Ha in mente un progetto particolare per il calcio americano?
"Certo, il mio sogno è una Champions League tutta americana, diversa dalla Coppa Libertadores, che riesca a coinvolgere tutti i club. E’ un’idea di cui già ne ho parlato con numerosi dirigenti, la speranza è che possa decollare fra un paio d’anni, anche peerché sarebbe un motivo di vanto per l’intero continente visto che manca in America una grande competizione internazionale".
E invece sta pensando di far traslocare anche qualche calciatore italiano, possibilmente non a fine carriera?
"Ne parleremo con Nesta. Abbiamo già una squadra molto giovane e nel pieno della carriera. Noi possiamo prendere fino a 7 stranieri, se ci fosse la possibilità di portare qualche calciatore italiano di buon livello non ce la faremo sfuggire".
Cosa spinge un imprenditore italiano di successo a investire sul calcio negli States?
"Abito a Miami da tanto, quando mi è stato proposto ho pensato alla filosofia dello sport americano. Qui è sempre un divertimento, una festa per i giovani e i bambini. La violenza resta fuori dagli stadi. E per me che sono un tifoso sin da piccolo ho pensato che fosse giusto sposare un progetto a lungo periodo. Sono convinto che fra 20 anni il calcio in America sarà ad altissimi livelli...e gli Usa saranno una potenza anche in questo sport".