Paderno Dugnano, 5 febbraio 2011 - Un bacio, a fior di labbra. È questo l’ultimo ricordo di Leonard Shehu. Nelle dammatiche condizioni in cui versava, da quell’inferno del 4 novembre all’Eureco di Paderno, era stato l’unico spiraglio: uno schiocco di labbra, avvertito dalla moglie Rita, sempre al suo fianco. Gli occhi aperti. Era in coma farmacologico «ma c’era, ci sentiva», non hanno dubbi i parenti che hanno fatto la staffetta in tutti questi mesi.

Accanto a Rita la mamma di Leonard e le due sorelle partite dall’Albania e dall’America per non lasciarlo solo. Tutti hanno creduto nel miracolo, l’unico ancora possibile dopo la morte dei colleghi Sergio Scapolan, Harun Zeqiri e Salvatore Catalano. Ma non c’è stato nulla da fare: le sue condizioni sono precipitate giovedì: pochi minuti dopo la mezzanotte, l’ultimo ferito dell’Eureco se n’è andato. È la quarta vita spezzata. La quarta famiglia distrutta.
E oggi restano quattro donne coraggio, unite da un dolore inimmaginabile. «Leonard e Rita erano inseparabili», ricordano i parenti. Insieme, tre anni fa, erano partiti dal Lac, cittadina a pochi chilometri da Durazzo. Non per cercare lavoro. Lui era cameriere, lei commessa. Undici anni fa si erano sposati e, secondo una tradizione albanese, il figlio maschio sarebbe rimasto con i genitori. Ma erano partiti per coronare un sogno: riuscire ad avere il bimbo tanto desiderato.

Vivevano a Milano. Leonard aveva trovato impiego all’Eureco. Una tappa provvisoria. Adorava i bambini, tutti i giorni, prima di timbrare il cartellino, passava a salutare Irma, la figlia della custode Antonella Riunno. La faceva giocare. «Gli si illuminavano gli occhi quando vedeva i bambini e le imprese del suo Milan», ricordano con un sorriso. Antonella oggi è al fianco di Rita. Si sono sostenute in questi mesi. Un altro amore spezzato, dopo l’addio a Salvatore Catalano, scomparso il 18 gennaio.

«Da quando Totò se n’è andato, tutte le nostre speranze erano in Leonard», continua Antonella. Anche il meccanico dell’Eureco stava coronando un sogno: si sarebbe sposato il 20 novembre con la sua compagna. Tutto era pronto: partecipazioni, confetti, fedi, nelle orecchie il sottofondo delle canzoni di Renato Zero, «Quanto amore è transitato lungo questa strada mia, fortunato disperato non se n’è più andato via».

Un destino beffardo che ha distrutto anche il futuro di Harun Zeqiri, scomparso il 20 novembre. Proprio una settimana prima che la moglie facesse il suo ingresso in Italia: aveva appena ricevuto il nulla osta per il ricongiungimento familiare. Un’altra vedova. Accanto a loro Azzurra, figlia di Sergio Scapolan, e la moglie.
Donne coraggiose, costrette a farsi carico di un dolore più grande di loro: hanno condiviso i sacrifici dei loro compagni, la stanchezza dopo una giornata di lavoro duro, a spostare, caricare e scaricare rifiuti per tirare avanti. Anche quel maledetto 4 novembre li hanno visti alzarsi come tutte le mattine.

L’ultima fotografia impressa nella mente: quel saluto sulla soglia di casa. Non hanno fatto più ritorno. Non stavano partendo per la guerra, stavano solo andando al lavoro.. «Non ci interessano risarcimenti, nessuno potrà più restituirci i nostri compagni. Ma giustizia, quella sì. La chiediamo con tutte le nostre forze, la pretendiamo. Non si può morire di lavoro».