Paderno Dugnano, 24 maggio 2011 - «Sono passati dieci mesi da quella terribile mattina. Oggi rompo il silenzio per spiegare la mia verità». Arturo Baldassarre era in cucina il 31 ottobre 2009 quando, nei locali padernesi dedicati a Falcone e Borsellino, si svolgeva uno dei più grandi summit delle ’ndrine, smascherato dagli occhi delle cimici dei carabinieri.

Per la prima volta da quella mattina di luglio in cui venne alla luce l’inchiesta «Infinito» della Dda di Milano, ha indetto una conferenza stampa: caso vuole, in una data emblematica per il mondo dell’antimafia che, proprio ieri, ha ricordato l’anniversario della strage di Capaci. Al suo fianco alcuni volontari dell’associazione Falcone e Borsellino, sciolta da gennaio, «gli unici che non mi hanno lasciato solo», ricorda Baldassarre.

«Ho inviato subito una lettera a Ilda Bocassini per ringraziare gli inquirenti del lavoro fatto. Quella cena ha ferito la nostra città e anche noi ne siamo stati vittime. In questi dieci mesi ho passato sveglio tutte le notti a chiedermi dove e se ho sbagliato». All’epoca dei fatti non era presidente del centro, carica rivestita dal 19 gennaio 2010.

«Il 13 luglio sono stato svegliato dai giornalisti. Non sapevo nulla: mi chiedevano il rapporto con Vincenzo Mandalari (organizzatore del summit, arrestato a gennaio dopo mesi di latitanza, ndr). Lo conoscevo da 30 anni, come tutti a Paderno e soprattutto al Villaggio Ambrosiano. Andai subito dai carabinieri per rendermi disponibile. Quando Mandalari mi chiese la sala non sospettavo nulla, mi aveva detto che era per un compleanno (il 10 ottobre aveva organizzato anche la festa alla figlia) e nel centro potevamo dare la sala a privati chiedendo una quota di 75 euro. Il Comune ne era al corrente. Nel 2009 erano state fatte 55 iniziative simili».

Ma quella sera nessuna torta con candeline. Arrivarono a Paderno i presunti boss, oggi a processo. «Mandalari mi ha chiese di dargli dei manifesti, ma io non potevo immaginare che servissero per oscurare i vetri della sala — continua —. Certo, quando ho visto entrare solo uomini mi sono insospettito. Ma cosa avreste fatto voi? Sono sempre stato in cucina, ho visto solo un brindisi: per un compleanno ci sta. Non vedevo l’ora che tutto finisse. Ad agosto sono stato ascoltato dal magistrato. Poteva succedere ovunque».

Dopo la pubblicazione delle intercettazioni, il nome di Baldassarre è comparso su tutti i giornali. «Avevo anche paura di essere visto come una spia, io non ne sapevo niente né del summit, né delle indagini, né delle cimici». Da più parti si è sentito dire che l’associazione non ha capito la gravità della situazione.

«Certo che so quanto sia grave quello che è successo — scuote la testa —. E ho fatto anche i miei passi indietro. Ma voglio che sia chiara una cosa, il centro non è stato chiuso dalla magistratura. È stata una decisione dell’amministrazione. Non c’è nessuna indagine né sul centro né sul Comune: io non sono indagato e come me nessun volontario è indagato. Non ci interessa tornare alla gestione, ci interessa solo che il Falcone e Borsellino venga restituito presto alla città e non riteniamo giusto che anche l’associazione sia stata sciolta. Per questo ci siamo affidati a un nostro legale».