Paderno Dugnano, 4 novembre 2013 - «Sento ancora le urla, mi svegliano ogni notte». Antonella Riunno, un tempo custode dell’Eureco e compagna di una delle quattro vittime, ricorda tutto quel che accadde quel maledetto pomeriggio nella ditta di stoccaggio rifiuti. Da tre anni Sergio Scapolan, Harun Zeqiri, Salvatore Catalano e Leonard Shehu non ci sono più, divorati dalle fiamme, se ne sono andati dopo settimane di agonia.

Era il 4 novembre 2010, mancavano cinque minuti alle tre. Il compagno di Antonella, Salvatore, stava lavorando nel piazzale. Lei ha sentito un boato, è corsa fuori, ha visto il rogo; pensava si risolvesse tutto come le altre volte. Perché di incendi ce n’erano già stati.

«Poi però sono usciti i ragazzi, avevano le fiamme addosso – racconta -. Giovanni (Kasem Xhani, uno dei quattro sopravvissuti) era nudo. È caduto davanti a me. Erjon (Nezha, secondo superstite) ha perso i sensi. Sentivo Sergio, diceva ai soccorritori che dietro c’era ancora qualcuno. Chiedevo di Salvo, mi ripetevano che stava spegnendo le fiamme. Poi in serata un carabiniere mi ha detto tutto: al Niguarda non ho più visto Salvatore ma un pezzo di carbone, l’ho riconosciuto dai piedi».

Era in coma farmacologico, è morto il 18 gennaio, due mesi dopo. Quest’anno non sono in programma celebrazioni. Un manifesto, affisso in città dal Comitato nato a sostegno delle vittime, ricorderà la tragedia e le domande ancora aperte. «Questo silenzio mi fa un po’ rabbia – confessa Antonella Riunno -. La gente ormai si è dimenticata».

Il processo, con rito abbreviato, si è concluso ad aprile con la condanna in primo grado del titolare Giovanni Merlino: cinque anni per omicidio colposo plurimo. Alcuni dei sopravvissuti sono ancora in situazioni precarie: il più giovane, Kasem Xhani, è tornato in Albania perché in Italia non riusciva più a campare; Ferit Mesha non trova lavoro e ha quattro persone a carico: «Non siamo ancora stati risarciti, rischio lo sfratto», dice.

«Intanto in via Mazzini si continua a lavorare», sottolineano i familiari delle vittime. «Non è vero che più passa il tempo più è semplice, tre anni fa siamo stati catapultati in questa vicenda, il problema per le famiglie viene dopo, inizia adesso, papà non torna – sottolinea Azzurra Scapolan, figlia di Sergio -. Vorremmo passare dal 3 al 5 novembre. Oggi, qualsiasi cosa faremo, dall’alba a notte fonda rivivremo quei momenti».