Piuro, 7 novembre 2013 - Frisia è fallita. Un’altra azienda della provincia di Sondrio chiude i battenti dinanzi al difficile momento economico degli ultimi anni. Lo storico marchio di acque minerali di Santa Croce di Piuro, eccellenza agro-alimentare del territorio, sarà ora affidato ad un curatore fallimentare che avrà il difficile compito di gestire l’elevata esposizione debitoria della società (le cifre complessive non sono ancora state rese note, ndr.).
Tra gli obiettivi del curatore ci sarà sicuramente anche quello di tutelare l’integrità dell’azienda e salvaguardare la realtà occupazionale che Frisia rappresenta per Piuro e la Valchiavenna. Nella giornata di ieri il Tribunale Fallimentare di Sondrio ha depositato la sentenza che dichiara il fallimento della società Frisia Spa, di proprietà dell’imprenditore abruzzese Franco Capanna, ex dirigente di primo piano del Gruppo ferrovie dello Stato.
Lo hanno reso noto le segreterie di Fai- Cisl e Flai-Cgil che, sin dall’inizio di questa complessa vertenza sindacale, hanno mantenuto una posizione unitaria, nell’interesse dei 17 lavoratori da loro rappresentati. Gli ex dipendenti hanno più volte manifestato pubblicamente il loro disagio davanti ad una situazione che sembrava non conoscere via d’uscita. Dall’estate 2012 la fabbrica aveva di fatto interrotto la produzione. Per mesi i lavoratori sono rimasti senza stipendio e privi di ammortizzatori sociali, ottenendo la cassa integrazione straordinaria solo da febbraio 2013, grazie all’impegno delle organizzazioni sindacali e all’interessamento di enti locali e Prefettura di Sondrio.
«Il Tribunale di Sondrio ha preso atto dell’acclarata sussistenza dell’insolvenza e dell’incapacità di far fronte alle obbligazioni nei confronti dei dipendenti e fornitori», si legge nella nota diffusa alla stampa dai sindacalisti Danila Barri per Cisl e Vittorio Boscacci per Cgil. «La sentenza mette inoltre in luce l’assoluta ed evidente pretestuosità e l’inconsistenza della richiesta di concordato presentata ai giudici dalla società Frisia il 18 luglio 2013. Tale richiesta – aggiungono i rappresentanti dei lavoratori che hanno promosso l’istanza di fallimento – non è stata coltivata e supportata da alcuna documentazione in grado di sorreggere un nuovo progetto industriale».
La sentenza mette la parola fine ad un lunga telenovela, con l’ad Capanna che più volte aveva dato prova di volersi impegnare fino in fondo per risanare l’azienda, ma negli ultimi anni non ha saputo reggere ai costi legati alla produzione, accumulando debiti con fornitori e società elettriche e privando i lavoratori dei loro salari. Da indiscrezioni trapelate nelle more della sentenza, sembrano esserci gruppi di imprenditori pronti a rilevare il fallimento.
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