Corsico (Milano), 30 novembre 2017 - "Siamo sempre stati disponibili a concordare le migliori soluzioni per le necessità della lavoratrice che negli ultimi otto mesi ha lavorato meno di 7 giorni al mese, usufruendo di cambi turno e spostamenti orario concordati con i colleghi e la direzione". Ikea spiega che il licenziamento di Marica Ricutti si è reso "necessario, perché la sua autodeterminazione degli orari di lavoro ha messo in difficoltà i colleghi". Un comportamento "non tollerabile", per il colosso svedese che si difende dalle accuse di un atteggiamento "ingiustificabile e ingiusto", come lo hanno definito i sindacati che si sono mossi subito, dopo che la 39enne ha accusato l’azienda di "poco rispetto e umanità. Ho un figlio di cinque anni che deve seguire delle terapie, il cambio di orario era incompatibile, non potevo accompagnarlo e l’azienda non ha sentito ragioni". Insomma, lo scontro è aperto e i sindacati, con in testa Maria Carla Rossi della segreteria Filcams Cgil Milano Lombardia non si arrendono e risponderanno "al più presto alle affermazioni di Ikea. Abbiamo impugnato il licenziamento".
Intanto, i social si sono riempiti dell’hashtag “pessimaikea” e di messaggi di solidarietà a Marica. La mobilitazione ha fatto il giro d’Italia, i lavoratori, non solo gli oltre 150 che hanno scioperato due ore martedì, hanno dimostrato vicinanza alla donna che non si aspettava "tanta solidarietà. Ringrazio tutti. La mia battaglia continua, ci sarò anche io a raccogliere le firme, a cercare di ottenere un dialogo con Ikea che tanto si spende in campagne pro famiglia e poi non riesce a venire incontro a una mamma sola". Il messaggio di solidarietà è arrivato anche dal segretario metropolitano del Pd Pietro Bussolati che ha deciso di "aderire al presidio promosso per il 5 dicembre, in segno di protesta all’incomprensibile decisione. Bene ha fatto Titti Di Salvo, vicepresidente dei deputati del Pd, a depositare un’interrogazione. Auspichiamo - prosegue - un ripensamento dell’azienda". Intanto, tra i lavoratori del negozio si avverte uno stato d’animo teso e di preoccupazione. Parlano sottovoce, per non farsi sentire e non "rischiare, ma di cose ce ne sarebbero da dire". Per esempio, che non è il primo caso in cui Ikea "licenzia in tronco - dicono -, come la nostra collega, 50enne, che un paio di anni fa è stata lasciata a casa nonostante soffrisse di depressione. E con un figlio disabile. Oppure un altro lavoratore, anche lui licenziato perché aveva partecipato a una manifestazione. Assurdo. Qui i turni vengono decisi con un meccanismo, non c’è spazio per l’aspetto umano, siamo solo macchine. Poi fanno tante campagne pro diritti delle donne e per i disabili".
In effetti, per domenica era previsto addirittura un flashmob per sensibilizzare sulla disabilità, dicono i lavoratori: "Dovevamo imparare i passi del balletto, ma ovviamente l’azienda ha cancellato l’evento in tutta fretta. Forse non c’era abbastanza tempo, o forse per il troppo imbarazzo".