Caronno Pertusella, 31 agosto 2013 - «La rovina di mio figlio sono state le macchinette da gioco». La voce di Antonio Maggio sale da Botrugno, piccolo centro di 2.800 abitanti nel cuore del Salento. La voce del padre dal killer di Saronno è un impasto di sgomento, dolore, dignità. «Con settembre sono tre anni che non vedo mio figlio. Non sapevo che vita facesse. Aveva anche cambiato numero di cellulare, non mi aveva dato quello nuovo, neppure lo sentivo. Ho saputo del fatto dalla televisione. Si può immaginare come sono rimasto, da padre e da ex carabiniere che ha fatto servizio in provincia di Varese, a Marchirolo e a Busto Arsizio».

«Non so cosa sia successo. Mio figlio ha sempre lavorato in buoni posti, era benvoluto. Il suo problema sono state le macchinette. Giocava tutto. E’ stata la sua disgrazia. Aveva sempre difficoltà economiche, soprattutto l’ultimo anno che siamo stati in rapporti. Come famiglia lo abbiamo sempre aiutato anche tanto. Almeno per quello che abbiamo potuto. Continuo a pensarci, a chiedermi come possa essere stato e non so darmi una risposta. Alex non è mai stato un violento. Non alzava la voce, non bestemmiava. Nemmeno fumava. Purtroppo è successo. Non è il primo caso, non sarà l’ultimo. Posso solo condannare il suo gesto, però rimane mio figlio. Un figlio è un figlio. La natura, il sangue sono più forti di tutto». La conclusione, amarissima, dolorosa: «Non credo assolutamente che volesse farlo. Penso che fosse disperato. Di tutto potevo aspettarmi da lui, ma questo no».

Da tempo Antonio Maggio ha problemi di salute. Separato dalla moglie, che vive in provincia di Roma con l’altro figlio, abita nella casa dell’anziano padre. Botrugno è il suo paese di origine. «Non ci saremmo mai aspettati - dice il sindaco Mauro Leucci - che un nostro concittadino potesse commettere un atto del genere. Ho rivisto Alex Maggio un paio di anni fa, quando era andato ad abitare a San Cassiano, un paese qui vicino. Era emigrato a vent’anni. Dopo il servizio di leva come carabiniere ausiliario, aveva lavorato in istituti di vigilanza, soprattutto al Nord. Rientrava in paese per qualche periodo quando aveva problemi di occupazione. Più volte si era trovato alle prese con difficoltà economiche e la famiglia ci aveva sempre messo una pezza. L’ultima volta quando aveva lavorato per due o tre anni in un maneggio vicino a Botrugno e ci aveva rimesso dei soldi. Da allora era tornato al Nord. Non sapevamo dove abitasse, di Bollate lo abbiamo sentito in televisione».

In Lombardia Alex Maggio è l’uomo dei tanti, effimeri lavori. L’impiego trimestrale come cameriere nel ristorante «Pizza&Brace» di Caronno Pertusella, a pochi passi da Saronno, potrebbe essere una soluzione. Non sarà così. Ci rimane da settembre a dicembre di un anno fa. Il proprietario non gli rinnova il contratto, stanco delle continue, assillanti richieste di denaro, dei furtarelli di superalcolici, dei litigi con i colleghi. Un’altra occasione perduta. Un altro anello nella vita sbagliata di Alex Maggio. Quel sabato 3 agosto lo attende a Saronno l’ennesimo colloquio di lavoro. Ha una mezz’ora di tempo. Pensa a un regalo per la fidanzata. Entra in un negozio che ha notato già altre volte, in corso Italia. Si chiama «Il dono di Tiffany». Maria Angela Granomelli, sorridente, ignara, è dietro il bancone.

di Gabriele Moroni

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