FRANCESCO SARUBBI
Cronaca

Allarme povertà lavorativa. Il 10 per cento dei salariati sotto la soglia di sussistenza

La Cisl di Bergamo si basa sulle dichiarazioni fiscali raccolte dal Caf provinciale. In 50mila sono indigenti, per l’80% donne con redditi inferiori a 15mila euro annui.

Le operaie si collocano tra le lavoratrici spesso tagliate fuori dalla formazione che genera competenze performanti

Le operaie si collocano tra le lavoratrici spesso tagliate fuori dalla formazione che genera competenze performanti

Il 10 per cento degli occupati della Bergamasca vive in condizioni di povertà lavorativa. Secondo una proiezione della Cisl orobica sui dati del Caf provinciale, sono almeno 50mila i lavoratori poveri in provincia. L’80% sono donne, il 40% dipendenti di ditte del Terziario, il 60 ha tra i 20 e i 50 anni, spesso nubili. "La povertà lavorativa va affrontata con urgenza anche in provincia di Bergamo, non immune dall’emergenza che inizia a riguardare circa il 10% della forza lavoro di questo territorio". I dati sono frutto di una ricerca condotta sulla dichiarazione dei redditi 2024 raccolta dal Caf Cisl provinciale, che ne ha elaborate oltre 130mila, il 25% della provincia. Più di 11mila le dichiarazione inferiori ai 15mila euro: 9.419 appartengono a donne e 2.863 a uomini. Tra i lavoratori poveri, i nati in Italia sono la grande maggioranza (78%). Il reddito medio è di poco superiore agli 8mila euro.

Dalla ricerca si evince che, mentre per gli uomini il reddito inferiore a 15mila euro annui interessa prevalentemente chi ha meno di 30 anni (46%), per le donne si concentra maggiormente tra i 40 e i 60 anni (54%). Il 40% vive in una casa di proprietà. "Dal nostro osservatorio – dice Candida Sonzogni, segretaria Cisl Bergamo – emerge un quadro che impone di guardare le realtà lavorative con lucidità e attenzione, consapevoli che riguardano solo chi fa la dichiarazione dei redditi. Partiamo da chi dichiara un reddito da lavoro fino a 15mila euro lordi annui, circa 1.170 netti mensili per tredici mensilità. Un dato che non rileva le ore lavorate, il periodo di lavoro nell’anno e la presenza di eventuale welfare. È un dato solo monetario, non conosciamo le storie e le motivazioni: tuttavia il dato ci fa dire che un problema di salari non adeguati c’è e interessa le donne in modo particolare, anche se i redditi medi tra uomini e donne sono praticamente identici".

E ancora: "Se vogliamo davvero contrastare le sacche di precarietà e lavoro povero, occorre partire da una rinnovata attenzione al sistema di istruzione e formazione e dalle politiche attive, che devono creare una spinta alla costruzione di competenze performanti".

Francesco Donadoni