FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Caso Yara Gambirasio, ecco perché la procuratrice è stata prosciolta: “Nessuna ansia da distruzione delle provette”

La pm Letizia Ruggeri era indagata per frode processuale e depistaggio dopo la denuncia di Massimo Bossetti sui reperti del processo

c

Yara Gambirasio uccisa a 13 anni (venne trovata il 26 febbraio 2011). Al centro la pm Letizia Ruggeri. A destra, Massimo Bossetti

Archiviato il procedimento che vedeva indagata per frode processuale e depistaggio la pm del caso Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri. L’indagine era nata da una denuncia di Massimo Bossetti in ordine ai reperti del processo che avevano portato alla condanna del muratore di Mapello all’ergastolo per l’omicidio della 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra e trovata morta tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola. Il gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, di fronte a una richiesta di archiviazione aveva disposto l’iscrizione nel registro degli indagati della pm. I legali di Bossetti, Salvagni e Camporini, si erano opposti all’archiviazione. Ora il gip (che aveva sollecitato approfondimenti su Ruggeri) ha dato ragione alla Procura che sollecitava l’archiviazione. Per i legali di Bossetti il proscioglimento della pm “non fa venir meno il fatto storico” della destinazione dei reperti a un luogo non refrigerato dal momento che l’archiviazione esclude il dolo ma conferma i fatti. Il provvedimento quindi non influirebbe su una eventuale richiesta di revisione della sentenza di condanna da parte di Bossetti.

Al centro della disputa c’era la conservazione dei 54 campioni di Dna – estratti dagli abiti di Yara e contenenti la traccia mista di vittima e assassino – spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del Tribunale di Bergamo. Per il gip di Venezia la decisione della pm Ruggeri di trasferire le 54 provette (decisione su cui verteva la denuncia) “non è affatto un comportamento illegittimo o anomalo o deviante tale da far dedurre che fosse stato mosso da finalità diverse e illecite”. Archiviando la posizione della sostituta procuratrice, il giudice fa riferimento anche alle dichiarazioni spontanee che la stessa Ruggeri aveva reso il 13 febbraio 2023. Dichiarazioni da cui si evince che la magistrata bergamasca “si era formata il preciso convincimento, più volte ribadito, che le eventuali analisi sul Dna mitocondriale non avrebbero comunque potuto mettere in discussione l’individuazione certa di Bossetti avvenuta sulla base del Dna nucleare”. Un convincimento formato “sulla base delle sentenze di merito di primo e secondo grado, confermate dalla Cassazione”. Per il giudice gli esiti delle analisi effettuate in fase di indagini sulla base del Dna nucleare “potevano legittimare l’indagata a formarsi il pieno convincimento dell’indiscutibilità della prova”.

Nella scorsa udienza la procuratrice aggiunta di Venezia, Paola Mossa, aveva ribadito la sua tesi: Ruggeri ha agito con “correttezza”, non mostrando “nessuna ansia di distruzione“. Se “è vero che nel provvedimento di confisca la Corte d’Assise fa riferimento alla non opportunità di provvedere, allo stato, alla distruzione dei reperti, e che il deposito in un luogo non dotato di congelatori ne avrebbe probabilmente alterato l’integrità”, il trasferimento, dopo il verdetto definitivo, è solo una “soluzione di prudenza da parte del giudice”. I costi economici – dopo la Cassazione sull’omicidio – le sarebbero potuti costare “l’ipotesi di una responsabilità sotto il profilo contabile”.

Soprattutto “non vi era poi alcuna ragione perché la Ruggeri dovesse “temere“, così da volerlo impedire, il giudizio di revisione e con esso la possibilità di pervenire a un risultato diverso. La prova scientifica su cui si fonda il giudizio di responsabilità a carico del Bossetti è risultata assolutamente solida e non vi sono elementi per ritenere che accertamenti successivi e ulteriori possano inficiarla”.

Di opposto avviso la difesa di Bossetti che chiedeva il rinvio a giudizio: “Ruggeri non aveva alcun diritto di distruggere i campioni”. Per Salvagni e Camporini la pm “ha agito in modo consapevole, rendendo i reperti biologici inservibili per nuove indagini”.