GABRIELE MORONI
Cronaca

Moussa Sangare: perché il codice rosso, attivato dopo le denunce dei familiari, non è stato applicato

Il futuro assassino di Sharon Verzeni in meno di un anno è stato denunciato per tre volte. La sorella Awa: “Rovinato dai viaggi e dall’incontro con gli allucinogeni”

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Awa Sangare, 24 anni, studentessa

Suisio, 4 settembre 2024 – “Tutta la mia vicinanza alla famiglia della povera Sharon. Le scuse non basteranno mai. Al suo posto avremmo potuto essere mia madre e io. Per mio fratello penso di avere fatto tutto il possibile”. Le parole di Awa, la sorella di Moussa Sangare. Ha 24 anni, diploma magistrale, studia al terzo anno di Ingegneria gestionale a Dalmine. Pensa di incontrare la famiglia di Sharon Verzeni? “Prematuro, per ora”.

Gli allarmi

Storia di una famiglia. Storia di una madre e di una sorella che per tre volte denunciano il rispettivo figlio e fratello in parallelo con l’escalation degli episodi di violenza di cui Moussa Sangare si rende responsabile.

Il padre arriva in Italia dal Mali negli anni 80 e acquista casa a Calusco d’Adda. Nel 1989 lo raggiunge la moglie. Dieci anni dopo la famiglia cresce perché a Moussa si è aggiunta Awa. I Sangare si trasferiscono a Suisio. Il padre muore per una grave polmonite. Kadiatou Diallo, la madre, lavora per vent’anni alla scuola materna.

E lui, Moussa, che oggi ha 31 anni? “Era un ragazzo normale – dice Awa –. Studiava. Non aveva finito la scuola professionale. Lavorava. Usciva con gli amici. Frequentava il paese, l’oratorio. Poi ha fatto questi viaggi, è tornato cambiato. Era più assente, si comportava in modo illogico. Poi si è capito che era per l’uso di sostanze stupefacenti di cui aveva fatto uso quando era in America”. I viaggi sono stati lo “spartiacque“ nella vita di Moussa: “Ne aveva fatti due negli Stati Uniti e uno in Gran Bretagna. L’incontro con la droga, con gli allucinogeni, è stato determinante”.

Disagio in peggioramento

Moussa rientra a Suisio nel febbraio 2020. Il disagio peggiora rapidamente. La famiglia si rivolge agli assistenti sociali, poi al sindaco. Iniziano le azioni inconsulte, la violenza da parte di Moussa. In parallelo, le denunce di madre e sorella per salvarlo e salvarsi. Ad aprile 2023 la madre viene colpita da un grave ictus e resterà ricoverata fino a fine luglio. In quel periodo, è il 10 luglio, Moussa dà fuoco alla cucina di casa.

I vigili del fuoco devono intervenire per spegnere le fiamme. È la prima denuncia per danneggiamento. La seconda è di novembre, quando il giovane copre di insulti Awa e la madre, e minaccia di ucciderle. È aggressivo, violento.

La sirena d’allarme

Poi a maggio di quest’anno l’episodio più drammatico, anche per sinistre analogie con il delitto. Awa è in sala. Ascolta musica come faceva Sharon, passeggiando, quella notte. “Ero di schiena, non l’ho visto. Mia mamma ha urlato, per quanto poteva. Mi sono girata e l’ho visto che mi minacciava con il coltello. Ho capito che la situazione stava precipitando”.

La terza denuncia, questa del 9 maggio, è per maltrattamenti: Moussa prende anche a pugni la sorella. Vengono chiamati i carabinieri. La Procura interviene: viene attivato il codice rosso e si valuta, con il legale delle due donne, un provvedimento di allontanamento.

L’ultima segnalazione

Tuttavia Moussa si eclissa, per ricomparire una ventina di giorni dopo quando si installa al piano terra nello stabile di via San Giuliani, nei locali liberati da un extracomunitario. Dorme di giorno e vive di notte. Madre e sorella lo sentono e lo vedono all’interno e avvisano il Comune dell’occupazione abusiva.

Segnalazioni, denunce, l’allarme ripetuto e inascoltato. “Soprattutto – dice l’avvocato Comi – sono mancati un accertamento sanitario e poi, eventualmente, un Tso, il trattamento sanitario obbligatorio”. “Ogni fatto grave – è la conclusione sconsolata di Awa – è stato denunciato, anche se mai avrei immaginato che potesse arrivare a questo, a uccidere qualcuno”.