FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Colognola, sceglie il silenzio la badante accusata di aver ucciso Rosanna Aber: “Non c’entro nulla”

La giovane Krystyna Mykhalchuk non risponde al giudice durante l’interrogatorio di garanzia e ribadisce: “Non è stato un omicidio”

La colf Krystyna Mykhalchuk e la vittima Rosanna Aber

È stata breve. Si è limitata a poche parole per chiarire che non è "stato un omicidio, io non c’entro". Assistita dall’avvocato Andrea Pezzotta, Krystyna Mykhalchuk si è avvalsa della facoltà di non rispondere. È in carcare da mercoledì la colf ucraina con l’accusa di avere ucciso la sua datrice di lavoro, la 77enne vedova Rosanna Aber, buttandola dalla finestra del quarto piano della palazzina di via Einstein, al civico 1, a Colognola, il 22 aprile del 2020, perché aveva scoperto ammanchi di denaro.

Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Bergamo Alessia Solombrino, alla presenza anche dei pm Emanuele Marchisio e Guido Schininà (contitolari del fascicolo) la 26enne ha solo rilasciato dichiarazioni spontanee. La frase "io non c’entro", poi solo silenzio. E ascolto. L’interrogatorio è durato dalle 9.30 alle 10.

“Ha negato in modo fermo di aver commesso l’omicidio – ha spiegato all’uscita dal carcere l’avvocato Pezzotta – anzi, ha proprio negato che si sia trattato di un omicidio". Il gip ha negato i domiciliari, chiesti dal difensore. In questa fase non sono stati affrontati nemmeno i prelievi indebiti al bancomat della vittima e la presunta dipendenza dal gioco della colf.

E a proposito dei prelievi, in una intercettazione l’indagata parlando con il suo compagno gli avrebbe riferito di aver accompagnato la signora Rosanna alla filiale della banca quando doveva effettuare dei prelievi. Poi di aver ricevuto dalla vittima 150 euro a titolo di prestito, denaro che la 26enne non avrebbe più restituito.

Nessun altro chiarimento, al momento. Nessun cenno ai suoi problemi di ludopatia che, secondo le indagini, sarebbero alla base dei furti di denaro e, una volta scoperti, avrebbero provocato l’omicidio come gesto d’impeto. Un’accusa che, per come formulata, è aggravata dall’obiettivo di voler nascondere un altro reato, la sottrazione di denaro. Un’aggravante, questa, che è da ergastolo e pertanto – nella prospettiva di un processo – impedirebbe di chiedere il rito abbreviato (con lo sconto) ma si andrebbe in dibattimento, davanti a una Corte d’Assise.

Tornando al tema della ludopatia della 26enne, i pedinamenti e le intercettazioni avrebbero documentato la colf mentre si recava a giocare in due bar gestiti da cinesi, uno a Gorle e uno a Bergamo. Ma frequentava anche un bar di Scanzorosciate, dove Krystyna Mykhalchuk vive con il compagno e la bimba piccola. Il gioco, un demone, che l’avrebbe portata a mentire anche ai suoi familiari inventando un fantomatico lavoro, quando in realtà era per andare in un locale e intrattenersi alle macchinette.