
Camion militari carichi di bare per trasportare i morti di Covid
Bergamo, 17 marzo 2025 – Sono passati 5 anni dall’arrivo del Coronavirus in Italia e da quella straziante immagine della bare di Bergamo e dei camion militari che le trasportavano in altre città, simbolo dei giorni più duri della pandemia di Covid. “Il ricordo si sta molto stemperando, non vedo nella gente la voglia di tornare indietro con la mente”, commenta Guido Marinoni, presidente dell'Ordine dei medici di Bergamo, oggi come allora. "Specie qui a Bergamo c'è più voglia di fare che voglia di ricordare", evidenzia il medico all'Adnkronos Salute alla vigilia della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus, che si celebra proprio il 18 marzo, giorno in cui nel 2020 una decina di camion militari sfilarono nel silenzio di una città resa deserta dal lockdown.
“Sparì una generazione”
Era notte e a bordo di quei veicoli c'erano le salme di vittime del virus, che dal Cimitero Monumentale dovevano raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, troppi morti. Mentre si avvicina il giorno del ricordo, Marinoni pensa alla sua Val Seriana, dove vive tuttora. "Io sono di Albino, che insieme ad Alzano e Nembro" è nell'area che fu inizialmente la più colpita dalla pandemia. Un epicentro. "Sparì praticamente una generazione di miei concittadini, persi i miei pazienti di una vita - ripercorre oggi Marinoni - molti avevano anche un'età vicino alla mia. E ripenso anche ai colleghi morti sul campo a Bergamo, furono 31, quasi tutti nelle prime 2 o 3 settimane" dalla scoperta che Sars-CoV-2 era già fra noi e stava colpendo pure in Italia, non solo nella lontana Cina.
“Medici allo sbaraglio e lo sforzo dell’ospedale”
"In larga maggioranza" i camici bianchi vittime del virus erano "medici di medicina generale che furono mandati, allo sbaraglio, al domicilio dei loro pazienti, senza la possibilità di comprare mascherine e nessun'altra protezione individuale. Ricordo che si vedevano in giro i vigili urbani, fortunatamente, con la mascherina, ma i medici non le avevano".
Oltre al sacrificio del territorio ci fu poi "lo sforzo dell'ospedale, che fu una cosa eroica - ricorda Marinoni - dovrebbe essere un modello in assoluto", così come "i suoi risultati dopo il primo momento di stordimento". E poi "la maxi vaccinazione" è fra gli elementi citati dal presidente dei medici bergamaschi.
“Servizio sanitario nazionale depotenziato”
Cos'è rimasto oggi? "Al di là del fatto che sapremmo organizzarci con più prontezza sulla base dell'esperienza, in realtà non è cambiato molto, non è stato potenziato realmente il nostro Servizio sanitario nazionale - analizza sempre parlando con l’Adnkronos Salute - Anzi, è depotenziato, soffre come soffrono a livello europeo tutti i grandi sistemi fondati sulla fiscalità generale. Siamo messi meglio degli inglesi, che hanno un sistema come il nostro, riusciamo ancora meglio noi, però il potenziamento non c'è stato". Covid è passato via "con la gente più stanca" e meno attenta "alla protezione della popolazione, è arrivata la stanchezza vaccinale, è venuto fuori un meccanismo di rimozione e si stenta a far fruttare invece quello che sarebbe dovuto essere un grande capitale di potenziamento del nostro Ssn".
Tempo di bilanci
Cinque anni dalla pandemia ed è tempo di bilanci. Guardarsi indietro pensando al futuro. "Ricordiamo - aggiunge Marinoni tornando a quei giorni - che la maggior parte dei malati Covid fu curata a casa, con tutte le difficoltà dell'epoca. L'infezione aveva praticamente colpito tutta la popolazione. Sul momento ci fu una grande resilienza, in pochi giorni si allestì l'ospedale in Fiera a Bergamo". Qualche tempo prima "lo avevano costruito i cinesi un ospedale in una settimana, e ci stupimmo. Poi l'abbiamo fatto anche noi. Sul territorio va ricordato il grande sforzo che si fece per organizzare l'assistenza domiciliare, il telemonitoraggio. A Bergamo ci fu la cooperativa di medici di famiglia Iml che costruì forse il primo grande telemonitoraggio in grande stile in Italia. Anche questa è una cosa che viene poco ricordata".
E ancora il presidente dei camici bianchi bergamaschi cita "il gigantesco sforzo delle vaccinazioni. Dalla pandemia saremmo usciti comunque, perché tutte le pandemie hanno un ciclo per cui a un certo punto si esauriscono, ma con le vaccinazioni abbiamo risparmiato migliaia e migliaia di morti". Ed anche in questo caso "lo sforzo di allestire un'organizzazione territoriale complessa fu coronato da successo".
I dubbi, l’offesa e la commissione d’inchiesta
Quando sente chi mette in discussione l'immagine drammatica delle tante bare di Bergamo portate fuori provincia dal cordone di camion militari, Marinoni non si scompone: "E' stata senz'altro una gravissima offesa" ascoltare quelle parole, "ma penso che la cattiva figura l'abbia fatta chi ha detto quelle cose, non certo i bergamaschi, quindi non infierirei". Quanto alle commissioni d'inchiesta, continua, "a me piacciono se si fanno non per trovare di chi è la colpa e per usarle magari a scopo politico, ma per capire cosa si può fare meglio". In questo senso quindi sarebbe andata bene "una commissione d'inchiesta finalizzata a evitare gli errori in futuro, come nel caso degli incidenti aerei la cosiddetta 'root cause analysis', che è una metodica ben precisa". Ma allora in questo caso "non si sarebbe dovuta fare una commissione d'inchiesta parlamentare che indaga qualcuno e qualcun altro no, e poi tira fuori sproloqui politici che ormai non interessano più a nessuno, ma si sarebbe dovuti andare a vedere, azienda sanitaria per azienda sanitaria, quali sono state le cause" di ciò che è accaduto, "cosa è stato fatto bene e cosa male e risalire alle radici degli errori.
Il piano pandemico
E il piano pandemico? "Fatto così in astratto può avere una qualche utilità - risponde Marinoni - però poi è sempre difficile da applicare nel concreto. Ciò che dicevo prima andrebbe forse esteso anche alla predisposizione degli strumenti di intervento rapido in caso di pandemia: se non si fanno le esercitazioni sul campo, le prove, se non si va a vedere di chi è la singola responsabilità operativa delle cose, possiamo scrivere anche un volume di 500 pagine e qualche cosa ce la darà sicuramente, però dal punto di vista pratico si rischia poi di trovarsi non preparati. E' stato fatto negli ospedali, per esempio, perché oggi abbiamo dei piani per l'adeguamento" in caso di emergenze, "però ci vuole veramente un piano di esercitazioni per essere in grado di far fronte a tutto, e questo manca". Certo, conclude il presidente, "siamo sempre in tempo a far le cose perbene. Il problema è volerle fare".