FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Bergamo, massacrò la cugina col batticarne: “Si è sentito tradito, l’ennesimo fallimento pretesto per uccidere”

Le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise che ha condannato Ivano Perico a 15 anni e otto mesi per l’omicidio. Sviò gli amici di Stefania: fu trovata morta solo mesi dopo il delitto

Il luogo del delitto e, nei riquadri, la vittima Stefania Rota e l'assassino Ivano Perico

Il luogo del delitto e, nei riquadri, la vittima Stefania Rota e l'assassino Ivano Perico

Ivano Perico e Stefania Rota, oltre che essere cugini, abitavano vicini. L’imputato era convinto che una modifica catastale di 35 metri quadri di terreno di sua proprietà, indebitamente consegnati alla cugina, avesse eliso completamente il valore del suo unico appartamento. Perico aveva additato come responsabile dell’operazione un geometra con studio a Mapello. Tant’è che l’imputato aveva provato anche a incendiare lo studio, la notte del 3 marzo del 2023, come ha ammesso. Aveva preso due taniche con benzina (“lui mi ha truffato, ha preso un pezzo della mia proprietà, la deve pagare”): una serviva per dar fuoco allo studio, l’altra per uccidersi. Il suo fine “era quello di ammazzare tutti e due”, cioè, sia la cugina che il geometra, per l’imputato colpevoli entrambi. Della cugina pensava che fosse un’ingrata, nonostante Ivano fosse l’unico ad averla “trattata bene per tutta la vita”.

Le indagini

Gli elementi indiziari, a partire dalle ammissioni dell’imputato: le risultanze del tracciato del gps sui percorsi della Ford Fiesta della vittima, che hanno evidenziato soste anomale all’abitazione di Perico, proprio a partire dal giorno della morte di Stefania Rota; la perfetta sovrapponibilità dei tabulati relativi all’utenza telefonica dell’imputato con il percorso compiuto dalla Ford della vittima nei giorni successi all’omicidio, a riprova, scrive il giudice, di come il Perico fosse entrato immediatamente in possesso del veicolo (all’interno erano stati trovati dei capelli bianchi, con ogni probabilità suoi); la circostanza per cui, dall’11 febbraio 2023, l’unica persona che non aveva più provato a contattare telefonicamente la vittima era proprio l’imputato, sintomatica di come egli sapesse del decesso; il fatto che gli ultimi contatti telefonici avuti dalla Rota erano intercorsi con Perico, l’ultimo a farle uno squillo (per segnalare l’ingresso in casa sua) il pomeriggio dell’11 febbraio 2023, prima che il telefono fosse definitivamente spento; il ritrovamento del cellulare della vittima nella disponibilità dell’imputato; l’atteggiamento elusivo e menzognero serbato da Perico con le amiche della cugina, alle quali aveva accampato scuse inverosimili per giustificarne l’inspiegabile e ingiustificata assenza; le tracce di sangue di Stefania Rota trovate sulle scarpe dell’imputato; e un file vocale registrato da Perico, in cui fa chiaro riferimento all’uccisione della cugina e della vicenda catastale.