Bergamo, 18 dicembre 2019 - Ha sempre avuto i contorni del giallo. Tre anni di mistero assoluto, un rompicapo destinato a restate tale l’omicidio della manager d’azienda Daniela Roveri, 48 anni, sgozzata con un fendente alla gola nell’androne del suo palazzo (dove abitava con la mamma) in via Keplero, a Colognola, periferia di Bergamo.
Era la sera del 20 dicembre 2016. Il fascicolo sull’omicidio è sempre rimasto a carico di ignoti, e adesso il pm Fabrizio Gaverini (che lo ha ereditato) ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dopo due anni di proroga. Potrebbe essere riaperto solo in presenza di elementi determinanti. Neppure il Dna, al momento, ha consentito passi in avanti significativi. Le indagini però vanno avanti. Gli uomini della Squadra mobile della questura di Bergamo proseguono negli accertamenti. Quella sera l’assassino si era allontanato dal palazzo di via Keplero senza che nessuno lo notasse. E l’aveva fatto portandosi dietro la borsa della vittima, che custodiva il suo portafogli e anche un iPhone 6, oggetti mai trovati. I poliziotti hanno svolto investigazioni a tappeto, interrogando fino a 500 persone. La Roveri dirigeva l’ufficio amministrativo di una ditta di San Paolo d’Argon.
Tornando al cellulare, la squadra mobile aveva subito scoperto che lo smartphone risultava acceso e agganciato alla cella che copre anche Colognola. Ed era rimasto attivo per circa 36 ore, fino alla mattina del 22 dicembre: la polizia l’aveva cercato ovunque, invano. Fino a quando il telefono si era spento probabilmente perché scarico. Una pista è quella del delitto passionale. Era stato sentito un amico della vittima che frequentava la stessa palestra, ad Azzano San Paolo, ma l’uomo aveva un alibi di ferro. Quella sera era con la compagna. Alibi confermato anche dalla telecamere della villetta dove abitava. Altra pista, un possibile screzio tra vicini. Ma anche in questo caso non era emerso nulla di significativo. Forse una vendetta per motivi di lavoro? Mistero. È stata rivalutata anche la pista della rapina finita tragicamente.
Il caso si è anche intrecciato con l’omicidio dell’insegnante Gianna Del Gaudio, a Seriate, la notte tra il 26 e il 27 agosto del 2016. È a processo il marito della Del Gaudio, l’ex ferroviere Antonio Tizzani il quale si è sempre proclamato innocente. Entrambe le donne sono state uccise con le stesse modalità: prese alle spalle. In più c’è, appunto, il Dna. Erano emersi molti punti di contatto tra l’aplotipo Y del Dna rilevato sulla guancia e sotto le unghie della Roveri e uno e profili genetici ignoti (quello rilevato su uno dei guanti in lattice ritrovati insieme al cutter su cui c’è il Dna di Tizzani) del delitto Del Gaudio. La corrispondenza del cromosoma Y è però abbastanza comune, poiché indica lo stesso ceppo etnico di appartenenza. Gli atti sul Dna dell’omicidio Roveri non sono più segreti e potrebbero entrare nel processo a carico di Tizzani. Domani la corte d’assise deciderà.