Bergamo - La lettura della sentenza a mezzogiorno, dopo due ore di camera di consiglio. Alessandro Patelli, 21 anni, giardiniere, è seduto a fianco del suo avvocato. In fondo all’aula i genitori, i parenti, gli amici di sempre. Una fila avanti la moglie di Marwen Tayari, il tunisino di 34 anni, ucciso con sei coltellate l’8 agosto in pieno giorno (erano le 13) in via Novelli, in città, vicino al portone di casa dove l’imputato viveva con la famiglia. È palpabile la tensione. Entra la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Giovanni Petillo e pronuncia la condanna a 21 anni, la stessa età che ha Patelli (ai domiciliari): doveva rispondere di omicidio con l’aggravante dei futili motivi, il diverbio sulle scale davanti al portone di casa finito nel sangue. Sentenza che gela l’aula. E 21 anni era la pena chiesta al termine della sua requisitoria dal pm Paolo Mandurino, che ha ritenuto sussistente l’aggravante dei futili motivi, oltre a quella dell’avere ucciso davanti alle figlie minorenni (di 13 e 2 anni) di Tayari e della sua compagna Eleonora Turco. Lo stesso ha fatto la corte che ha equiparato le due aggravanti al riconoscimento delle attenuanti generiche recependo la linea accusatoria ("il numero delle coltellate dimostra l’atteggiamento di rabbia da parte di Patelli").
La difesa, con l’avvocato Enrico Pelillo, in prima istanza aveva invece invocato l’assoluzione per legittima difesa e in ultima ipotesi che non venisse riconosciuta l’aggravante dei futili motivi e che l’imputato fosse dunque ammesso al rito abbreviato. All’uscita nessun commento dal difensore ("la verità storica di come sono andati fatti è come l’ha raccontata Patelli nelle sue dichiarazioni"). In aula, Patelli aveva spiegato che si era fatto accecare dalla paura quando Tayari era andato verso di lui con una bottiglia di birra in mano e poi quando lo fece cadere a terra. Tutto per una banalità: Patelli era uscito di casa, la famiglia era seduta sui gradini del suo palazzo e, risalendo a prendere il casco, il giovane aveva urtato la figlia tredicenne del tunisino, che lo aveva ripreso.
La Corte ha riconosciuto alle due bambine della vittima una provvisionale di 100 mila euro, 80 mila alla Turco e 20 mila a testa alla sorella, al fratello e alla madre di Tayari, che vivono in Tunisia (si erano tutti costituiti parti civili). "Siamo soddisfatti — ha commentato all’uscita dal tribunale Eleonora Turco —, anche se partiamo dal presupposto che mio marito non me lo ridarà indietro nessuno. Giustizia per ora è stata fatta, sono sollevata più che contenta". La donna ha anche parlato dei problemi che le figlie stanno avendo a causa del trauma subito: "La più grande sta avendo grossi problemi, sta andando da tre psicologhe, no una". Fuori dal tribunale gli amici di Alessandro: "Non siamo d’accordo con questa sentenza, Pato non era capace di far male a una mosca. Quel giorno aveva paura. Noi lo conosciamo dalle medie, è sempre stato un tipo tranquillo".